Tipo record
Tipo documento
Data
Titolo
Presentazione
Legami a persone
Fa parte di
Redazione
Descrizione fisica
Filigrana
Note
Il manoscritto anonimo è conservato assieme a delle cantate copiate per il Cardinale Pietro Ottoboni nel 1691 e 1692. La cantata è stata copiata per il Cardinale Benedetto Pamphilj sotto il nome di Francesco Gasparini nel 1689; questo manoscritto è conservato a D-MÜs, Sant.Hs.862. Su base di quest’ultima fonte la cantata è stata pubblicata in: Francesco Gasparini, Cantatas with Violins. Part 1: Soprano Cantatas, a cura di Lisa Navach, Middleton 2010 (Recent Researches in the Music of the Baroque Era 162), senza però prendere in considerazione il presente manoscritto.
Titolo uniforme
Organico
Repertori bibliografici
Bibliografia
Descrizione analitica
Quanto sei penosa, ò quanto
S'io domando à quest'alma
Belle sponde latine
Voi del Tebro onde correnti
Voi del Latio archifastosi
Sol perché trà voi splende
Vola, vola, ò mio pensiero
Vola e portami del volto
Mà tù non giungi
Quanto sei penosa, ò quanto
Trascrizione del testo poetico
Quanto sei penosa, ò quanto
Al mio core, ò lontananza.
Da quel dì, ch’io son lontano
Dalle luci del mio bene,
Sempre in braccio alle mie pene
Io sospiro e piango invano.
E non basta la speranza
À dar pace al mio gran pianto.
S’io domando à quest’alma,
Che nel gran mar d’amore
Hà perduta la calma,
Qual sia quel gran dolore,
Che ogn’altro duolo avvanza,
Mi risponde piangendo: è lontananza.
Belle sponde latine,
Voi de pensieri miei
Siete principio e fine,
Non già perche trà voi
Ricca di giusta orgoglio
La Regina del mondo inalza il soglio.
Voi del Tebro onde correnti
Che le propore tingete
Nò che voi mai non sarete
La cagion de miei tormenti.
Voi del Latio archifastosi,
Che col tempo gareggiate,
Nò, voi non già turbate
Di quest’anima i riposi.
Sol perché trà voi splende
Quel sol che più da lungi arde à m’accende
Perchè tra voi soggiorna
Clori che mi piagò
Clori che mi legò col ciglio arciero
È con la negra chioma
Siete cari al cor mio colli di Roma
Vola, vola, ò mio pensiero,
Rubba à Clori un de suoi sguardi.
Se un momento ancor tu tardi,
Io di viver più non spero.
Vola e portami nel volto
Quel pallor, che à me si piace.
Così fia, che tù dia pace
All’ardor, ch’hò in seno accolto.
Mà tù non giungi
E intanto lungi
Dal mio bel sole
Queste parole
Io spargo al vento
E ogn’hor più sento,
Che in me s’avvanza
La noia e’l pianto.
Quanto sei penosa, ò quanto
Al mio core, ò lontananza.
Paese
Lingua
Segnatura
collocazione Barb.lat.4202.9
Scheda a cura di Berthold Over