Scheda n. 1532

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1689-1692

Titolo

[Quanto sei penosa, ò quanto / Francesco Gasparini]

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Gasparini, Francesco (1661-1727)

Fa parte di

[9 cantate] (n. 1521/9)

Redazione

Roma : copia di Giuseppe Antonio Angelini, (1689-1692)

Descrizione fisica

C. 121-146

Filigrana

Non rilevata

Note

Il manoscritto anonimo è conservato assieme a delle cantate copiate per il Cardinale Pietro Ottoboni nel 1691 e 1692. La cantata è stata copiata per il Cardinale Benedetto Pamphilj sotto il nome di Francesco Gasparini nel 1689; questo manoscritto è conservato a D-MÜs, Sant.Hs.862. Su base di quest’ultima fonte la cantata è stata pubblicata in: Francesco Gasparini, Cantatas with Violins. Part 1: Soprano Cantatas, a cura di Lisa Navach, Middleton 2010 (Recent Researches in the Music of the Baroque Era 162), senza però prendere in considerazione il presente manoscritto.

Titolo uniforme

Organico

Soprano, 2 violini e continuo

Repertori bibliografici

Descrizione analitica

1.1: Adagio(aria, mi maggiore, c)
Quanto sei penosa, ò quanto
2.1: (recitativo-arioso, c)
S'io domando à quest'alma
3.1: (recitativo, c)
Belle sponde latine
4.1: (aria, la maggiore, c)
Voi del Tebro onde correnti
4.2: (aria, la maggiore, c)
Voi del Latio archifastosi
5.1: (recitativo-arioso, c)
Sol perché trà voi splende
6.1: (aria, mi maggiore, 6/8)
Vola, vola, ò mio pensiero
6.2: (aria, mi maggiore, 6/8)
Vola e portami del volto
7.1: (aria, si minore, 3/4)
Mà tù non giungi
8.1: (aria, mi maggiore, c)
Quanto sei penosa, ò quanto

Trascrizione del testo poetico

Quanto sei penosa, ò quanto
Al mio core, ò lontananza.
Da quel dì, ch’io son lontano
Dalle luci del mio bene,
Sempre in braccio alle mie pene
Io sospiro e piango invano.
E non basta la speranza
À dar pace al mio gran pianto.

S’io domando à quest’alma,
Che nel gran mar d’amore
Hà perduta la calma,
Qual sia quel gran dolore,
Che ogn’altro duolo avvanza,
Mi risponde piangendo: è lontananza.

Belle sponde latine,
Voi de pensieri miei
Siete principio e fine,
Non già perche trà voi
Ricca di giusta orgoglio
La Regina del mondo inalza il soglio.

Voi del Tebro onde correnti
Che le propore tingete
Nò che voi mai non sarete
La cagion de miei tormenti.

Voi del Latio archifastosi,
Che col tempo gareggiate,
Nò, voi non già turbate
Di quest’anima i riposi.

Sol perché trà voi splende
Quel sol che più da lungi arde à m’accende
Perchè tra voi soggiorna
Clori che mi piagò
Clori che mi legò col ciglio arciero
È con la negra chioma
Siete cari al cor mio colli di Roma

Vola, vola, ò mio pensiero,
Rubba à Clori un de suoi sguardi.
Se un momento ancor tu tardi,
Io di viver più non spero.

Vola e portami nel volto
Quel pallor, che à me si piace.
Così fia, che tù dia pace
All’ardor, ch’hò in seno accolto.

Mà tù non giungi
E intanto lungi
Dal mio bel sole
Queste parole
Io spargo al vento
E ogn’hor più sento,
Che in me s’avvanza
La noia e’l pianto.

Quanto sei penosa, ò quanto
Al mio core, ò lontananza.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

V-CVbav - Città del Vaticano - Biblioteca Apostolica Vaticana
collocazione Barb.lat.4202.9

Scheda a cura di Berthold Over
Ultima modifica: