Scheda n. 13091

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo manoscritto

Data

Data incerta, 1688-1692

Titolo

Per l'accidente d'una farfalla. Mus. di Scarlatti con VV.

Presentazione

Non applicabile

Legami a persone

autore del testo per musica: Paglia Francesco Maria

Redazione

Copia

Descrizione fisica

C. 47-48v

Filigrana

Non rilevata

Note

Testo messo ion musica da Scarlatti

Titolo uniforme

Ben mio quel verme alato. Forma non specificata, Per l'accidente d'una farfalla

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

Ben mio, quel verme alato
Che intorno a poco lume
Quando sorge la notte
Con mille incauti giri arde le piume;
Quel dì che innamorato
Nei vaghi lumi tuoi cercò l’ardore,
Diede invidia al mio core.
Io con l’alma sul labro
Il cielo, amor, la sorte mia crudele
Sfidai con le querele,
Ma non rispose intanto
Agli accenti infelici,
Come un’eco del duolo altro che il pianto.

È una legge troppo dura
Di quel dio che vola inerme,
Un’amante,
Ch’è costante
Condannare alla sventura
D’invidiare un picciol verme.
2.a
È una cifra troppo fiera
Della barbara saetta
Fare esempio
Dello scempio
Una luce della sera,
È una cieca farfalletta.

La machina dei raggi
Deposta non aveva
Il Prencipe degli astri al margo ondoso;
Quando il vol generoso
Spiegò l’augello al tuo bel volto intorno,
E non seppe morir presso al tuo lume,
Se prende per costume
L’ esequie dalla notte, e non dal giorno;
Tornar si vide errando
Per cento volte, e cento,
Indi per far palese
Il pennuto contento
Venne di nuovo e ti volò nel seno;
Poi fuggì, ma convinto
Dalla forza del foco
Trofeo de tuoi begl’ occhi ei cadde estinto.

Pria di cedere al lume che scocchi
Ti segnò mille baci nel seno;
Per potersi vantare che almeno
Vendicava l’ingiuria degl’occhi.
2.a
Come nata farfalla infelice
Già sapea di morir nell’ardore;
E provò se del seno all’albore
Poi cangiar si poteva in Fenice.

Ma fu colpa il fuggire
Mentre poteva il tenero volante,
Quando ti venne in seno
Con più gloria morire
Poiché a sommo ristoro
Un feretro di latte a un colpo d’oro.

Se il mio core avesse l’ali
Per volarti sempre intorno
Tutto core esser vorrei;
E se un colpo de tuoi strali
Mi privasse poi del giorno,
Nel tuo seno io morirei.
2.a
Le mie ceneri coi venti
Nel teatro del tuo ciglio
Forse un dì scherzar vedrai:
E diran con muti accenti,
Che il mio fulgido periglio
Nacque sol da tuoi bei rai.

Sei lume è vero o bella;
Ma quell’ardor vivace,
Ch’ad ogn’alma comparti
Figlio al certo non è di poca face:
Sei quel lume famoso
Tesoriero del mondo
E perciò la farfalla
Che per error si accese,
Poi morì di dolor, perché t’offese.

Sembrano le farfalle
Un tremulo Fetonte
Ai rai del sole;
E in mezzo a cieca valle
Non è per ogni fronte
Accesa mole.
2.a
Sembrano quei volanti
Lucide fantasie
D’ardito core:
Ma poscia in brevi istanti
Pagano le follie
Del proprio amore.

Dunque se tu del sole
Sei l’imago verace
Non d’atomo terren mobili aborti,
Ma di lume immortal figlie celesti
Fisse nel tuo bel viso
Aquile, e non farfalle aver dovresti.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

V-CVbav - Città del Vaticano - Biblioteca Apostolica Vaticana
fondo Vat. lat.
collocazione 10204.39

Scheda a cura di Teresa Gialdroni
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