Scheda n. 10825

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, tra il 1640 e il 1660

Titolo

Caproli Carlo [Era la notte]

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Caproli, Carlo (1614-1668)

Fa parte di

Redazione

Copia

Descrizione fisica

C. 63-73v

Filigrana

Non rilevata

Note

"Caprioli Carlo" (sic) posto in testa alla composizione da mano recente (ottocentesca?)

Titolo uniforme

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, la maggiore, c)
Era la notte e con horror profondo
2.1: (aria, la maggiore, 3/2)
T’intendo o notte oscura
3.1: (recitativo, c)
Misero e qual conforto
4.1: (aria, la maggiore, c)
Ultimatevi o miei dì
5.1: (recitativo, c)
Folle ma chi m’ascolta
6.1: (aria, re maggiore, c)
Ah se peni e a miei ruine
7.1: (aria, c)
Languirò ma la mia fede
8.1: (aria, re maggiore, 3/2)
Apprendete o voi mortali

Trascrizione del testo poetico

Era la notte e con horror profondo
Languia tra nubi imprigionato il cielo
Copria le stelle un addensato velo
Parrea cangiato in cieco abisso il mondo
Quando tutto dolente
Un disperato amante
E quanto più languente
Tanto più nel suo amor fermo è costante
Con lagrime inaffiando
E così fra l’ombre fe palese il duolo .

T’intendo o notte oscura
Il tuo funesto ammanto
Rinnova in me col pianto
La mia disaventura
T’intendo o notte oscura.

T’intendo o eccelsa morte
Col tuo fosco m’additi
Che son per me spariti
I rai del mio bel sole
T’intendo eccelsa morte.

Misero e qual conforto
Può dar tregua e riposo al mio martoro
Ah che senza ristoro
E nel mio male ogn’altro duolo avanza
Quel pensar quel saper non v’è speranza
Ma tu spietata sorte
Se da parca crudele
Lo stame tronco fu dell’Idol mio
Perché non fai ch’anch’io
Sia fatto preda di bramata morte?
Mira che quando l’anima è partita
Deve al corpo mancare ancor la vita.

Ultimatevi o miei dì
Date fine al mio dolore
Il mio core
Non può viver più così
Ultimatevi o miei dì.

Ch’io più viva è un’impietà
Non ho sen più da soffrire
Il morire
Fora in me somma pietà
Ch’io più viva è un’impietà.

Folle ma chi m’ascolta
Dove gite o sospir Dove o lamenti
Hor che giace sepolta
Colei ch’era mia vita
Sete senza rimedio o miei tormenti.

Ah se peni e a miei ruine
Sian le doglie sì infinite
Che nel corso di più vite
Al languir mai giunga il fine.

Languirò ma la mia fede
Sarà ogn’hor così costante
Che più forte d’un Atlante
Sosterò d’Amor la sede
E se ben rivolgo il passo
Il pensier non movo mai
Da quel bel che tanto amai
Amo il cener amo il sasso
Volea più dir ma dal dolore oppresso
Fra singulti affogò suoi mesti accenti
E pria ch’al lagrimare
Oggetto si mostrò pronto a spirare.

Apprendete o voi mortali
Quanti mali il mondo dà
Pria v’arride poi v’uccide
Sotto spezie di pietà.

S’al gioirvi pone in braccio
Presto il laccio tende al piè
V’ingannate se sperate
Ch’in lui sia costanza e fé
Morte tutto dissolve
Polve è il tutto e tutto torna in polve.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Nc - Napoli - Biblioteca del Conservatorio Statale di Musica "San Pietro a Majella"
collocazione 33.4.17 (B) [olim C.I.8B (A.54)].10

Scheda a cura di Cinzia Trabucco
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