Scheda n. 6999

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1630-1670

Titolo

S.r Mario Savioni / Hor che pur ho potuto

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Savioni, Mario (1606/8-1685)
autore del testo per musica: Buti Francesco (1604-1682)

Fa parte di

Pubblicazione

[Roma : copia, 1650-1680]

Filigrana

Non rilevata

Note

Presente identico in un altro manoscritto (cfr. scheda 1612)

Titolo uniforme

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, la minore, c)
Hor che pur ho potuto
2.1: (aria-refrain, 3/1)
Che fo dunque che fo
4.1: (recitativo-arioso, c)
Ah che la lontananza
5.1: (aria-refrain, re maggiore, 3/1)
Che fo dunque che fo
6.1: (recitativo-arioso, re minore, c)
Quando fra mille affanni
7.1: (aria-refrain, 3/1)
Che f dunque che fo
8.1: (recitativo-arioso, c)
Su su tolgansi ormai
9.1: (arietta, 3/1)
Il sentiero che mi guida
10.1: (recitativo-arioso, c)
Benché di pruni e sterpi hor sia ripiena
11.1: (arietta, 3/1)
Dunque colà non si ritorni più

Trascrizione del testo poetico

Hor che pur ho potuto
Mover un dì lontano il piè tremante
Da quella ria che del mio amor costante
Mi fé sempre ostinata empio rifiuto.

Che fò dunque che fo ritorno o stò
S’io stò mi moro a fe
E s’io ritorno oimè
A maggior pena io vò
Che fo dunque che fò.

Ahi che la lontananza
Da colei che tal hor mi fea contento
In continuo tormento
Cangia quel poco viver che mi avanza.
Poi ch’un pensier mi accora
Che mi dice ad ogn’hora
Che dee mentr’io di pianto il seno ammollo
Farsi dei miei digiuni altri satollo.
Ma che s’un tal martire
Mi risospinge a quel crudo soggiorno
Ah che dal mio ritorno
Prenderà l’infedel costante ardire.
Che superba et orgogliosa
Disdegnosa
Riderà de le mie pene
Et ogn’hor m’userà crudeltà nova
Poi che più certa fia per simil prova
Ch’io non posso scampar da sue catene.

Che fò dunque che fo ritorno o sto
S’io sto mi moro a fe
E s’io ritorno oimè oimè
A maggior pena io vò
Che fo dunque che fò.

Quando tra mille affanni
Vivea misero solo
Da la sua tirannia di fede avara
Esposto sempre a tradimenti e inganni
Pareami nel pensier sì dolce e cara
La libertà che lei sola bramavo
E per seguirla non havrei temuto
Gir fra quanti martiri habbiasi Pluto
Et hor che non son per via di ritrovarla
Sì nell’aspetto horribile mi pare
Che non oso mirarla
Poi che solo in pensare
Che se disciolto andrò
Mai più non goderò
Di colei che nemica ancora adoro
Apprendere non so
Ch’altro sia libertà ch’un gran martoro.

Che fò dunque che fò ritorno o sto
S’io sto mi moro a fè
E s’io ritorno ohimè
A maggior pena io vò
Che fo dunque che fò.

Su su tolgansi ormai
Da questi afflitti rai
Le cieche bende onde gli avvolse Amore
Fuggite dal mio core
Larve bugiarde onde vi scopra il vero.

Il sentiero che mi guida
All’infida
Benché sia di gioie asperso
Nel suo fin poi diverso
Presi d’angosce e gelosia
Ma la via che mi rimena
A la libera mia vita.

Benché di pruni e sterpi hor sia ripiena
Al fin poi diverrà piana e fiorita.

Dunque colà non si ritorni più
Che miglior sempre sarà
D’una lieta servitù
Una quieta libertà.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

US-Eu - Evanston (IL) - Northwestern University, Library
collocazione Mss. 1.4

Scheda a cura di Irene Maria Caraba
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