Scheda n. 1765

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1630-1660

Titolo

Chi fugge d’amor gli affanni

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Carissimi, Giacomo (1605-1674)
autore del testo per musica: Benigni, Domenico (1596-1653)

Fa parte di

Pubblicazione

[S.l. : copia, 1630-1660]

Descrizione fisica

C. 208-213v

Filigrana

Non rilevata

Note

Da rilevare la presenza nel testo di un celebre verso di Dante (Inferno, V,103).

Titolo uniforme

Organico

2 soprani e continuo

Descrizione analitica

1.1: (aria, do maggiore, 3/2)
2S, Chi fugge d'amor gl'affanni
1.2: (aria, do maggiore, 3/2)
Chi segue d'amor lo strale
2.1: (recitativo, c)
A chi misero more
3.1: (aria, do minore, 3/2)
L'empia dea che sempre instabile
4.1: (recitativo, c)
Piovano a danni miei
5.1: (recitativo, do minore, c)
Non più non più querele
6.1: (aria, do minore, c)
Tra i sospiri d'un fido amante
7.1: (aria, do minore, c-3/2)
Stare ardendo in vivo foco
7.2: (aria, c-3/2)
Stare in pene e dir che gode

Trascrizione del testo poetico

Chi fugge d’amor gli affanni
E morte piangendo chiama
Se non gode dei suoi danni
Non ha core o che non ama.

Chi segue d’amor lo strale
Penando non si lamenti
Se fedele è nei tormenti
Muti in gioia ogni suo male.

A chi misero more
In man dei suoi tormenti
Fido servo d’amore
Perché negare ohimè pietosa aita?
Pria ch’io perda la vita
Prima ch’io venga meno
Scaldi Filli il suo seno
Della face d’amor un lampo solo
Il mio affanno il mio duolo
Il tormento il martire
Son pur lingue innocenti
Che dimandan pietà del mio morire
Alla pura mia fede
All’acceso mio foco
Non vi nieghi mercede
Chi dimanda pietà dimanda poco.

L’empia Dea che sempre instabile
Volge intorno errando il piè
Ah che per me è già fatta invariabile
S’amante misera sempre ho da piangere
la mia vita il mio bene
Mi raddoppi le pene.

Piovano a danni miei dal ciel d’amore
E tormenti e rigore
Nel mio lungo martire
Se non seppi goder saprò morire.

Non più non più querele
Tirsi frena i sospiri
Ne tuoi lungi martiri
Più non senta il mio cor dirsi crudele
Sempre di pianto aspersi
Portar sul volto i lumi
E con torbidi fiumi
Far palese d’un sen l’aspro dolore
E’ viltà di chi adora e non d’amore
Empia stella severa
Già non mi pose in seno
Alma cruda di fera
A celar non mi diede un cor di sasso
Se del mio volto un guardo
Seppe destar già nel suo petto il foco
Con infocato dardo
Amor ch’a nullo amato amar perdona
Sento ch’a poco a poco
Nel mio lacero sen saetta e tuona.

Tra i sospiri a un fido amante
Non mostrar ferito il core
Simular volto e sembiante
E’ pietade e non rigore
Deh non più l’anima
Si scioglia in lagrima
A pensieri di morte
Fredda mandi timore
Più non apra le porte
Habbia intrepido il core
Chi vuol essere amante
Chi desia di morir non è costante.

Stare ardendo in vivo foco
Non curar pianti e sospiri
Soffrir lieto i suoi martiri
In amor è sempre poco.
Tra fiamme e catene
Son dolci le pene
L’affanno è mercede
A chi servo è d’amor basta la fede.

Star in pene e dir che gode
Adorar beltà severa
Dir che serve e che non spera
D’un amante è vera lode.
Tra pianti e querele
Un alma fedele
Soccorso non chiede
A chi servo è d’amor basta la fede.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-MAC - Macerata - Biblioteca Comunale
collocazione MSS.MUS.113.43.23

Scheda a cura di Chiara Tiboni
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