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Poetical text transcription
A serenar la Musa mia che piange
L’ira d’avverso ciel con ciglio afflitto
La tua prodiga man Leopoldo invitto
Versa sovra di lei gli ori del Gange.
Se di ricco monil l’aurata maglia,
Tuo prezioso don, l’avvinse appieno,
D’unghera massa il fulgido baleno
Con benefica luce ora l’abbaglia.
Onda dai mesti lumi il pianto terge,
E con la penna, ch’a la fama invola
Per far gloria tua unica, e sola
D’ossequioso inchiostro il foglio asperge.
Quindi da vil letargo or’io mi scuoto:
Ammiro i tuoi favori e mi confondo,
E a far palesi i miei doveri al mondo
Impenno l’ali a calamo divoto.
Rammemorar chi le castalie Dive
Già sul Tebro arricchì, la lingua cessi,
Che se ristorator de’ vati oppressi
Mecenate spirò, Cesare vive.
Mesta virtù, cui d’Orion malvagio
E scorta a le tempeste il raggio ingiusto,
Vanne ove d’Austria il Giove ha soglio augusto
E sia porto sua reggia al tuo naufragio.
Se con strane vicende avrai sofferto
Di ria mendicità gli oltraggi e l’onte,
Là quei sudor, che stillerà la fronte
Sian gemme ad arricchire il tuo gran merto.
Ne sia che all’or sospiri augusto tetto,
Dove stabil riposi il piè defesso,
Che ne l’ampiezza del suo core istesso
Cesare a la virtù suol dar ricetto.
E se portar le peregrine piante
Non può cigno erudito ov’egli ha il trono,
Ciunga colà de la sua fama il suono,
Ch’a lui s’apron gli erari in un’istante.
Se mie sventure a deplorar m’indussi
Con ciglio lagrimevole, e dolente,
Vidi sovra di me piover repente
Da l’austriaco emisfero aurati influssi.
Se l’aure respirar di cielo sì bello
Fia mai concesso al fervido desio,
Involandomi lieto al suol natìo
A l’ingrato Quirino io mi ribello.
Come feconda all’ora a l’istro in riva
Produrrà la mia Clio concetti egregi,
E in palesar del gran Leopoldo i pregi
Fia ch’a l’eternità la penna scriva.
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shelfmark ARCA VII 24.1
Record by Nadia Amendola