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Uniform title
Poetical text transcription
I
era il nome di colui
Che il Febo all’alme suore
Tutti niega i geni sui:
Non avea tanto aspro il core
Chi primier dei scogli infami
E del mar tentò l’orrore.
Tronchi pur sì ferrei stami
Giusta parca, e i nomi loro
Non sia mai chi a viver chiami.
Spento appena il secol d’oro,
Nacque, è ver, la ria fatica;
Ma compagno ebbe il ristoro.
Nella calda piaggia aprica
Sudan gli arsi mietitori,
Poi riposan sulla spica,
E ricreano i lor sudori
Ricantando in verso incolto
Strane fole e rozzi amori.
Conosciuto appena in volto
Gir fu visto il germe umano
Nudo o in pelli irsute avvolto,
Finché poi maestra mano
Sorger fè da cavo legno
Suono ignoto all’aer vano,
E cantò sublime ingegno
Carme tal; che fegli allora
Prender l’ozio e i boschi a sdegno.
Rimirò la nova aurora
Far commune il popol fiero
La fatica e la dimora.
Tolse allor sull’alme impero
La soave poesia,
E tai diè lusinghe al vero;
Che in sì dolce melodia
Ritrovò sua luce pura
Facil poi nei cor la via:
Quindi sorser l’alte mura
Che del nume semeleo
Fer la patria sicura,
E poi finse il plettro acheo,
Che dier vita a piante e a marmi
Anfione e il trace Orfeo.
L’immortal forza dei Carmi
Dié all’oracol degli dei
Sommo arbitrio in pace e in armi,
Copre ancor d’infamia i rei,
E corona di splendore
La virtù dei semidei,
Raddolcisce al nostro core
L’amarezza delle pene
Che suol dar fortuna e amore,
All’orecchie amabil viene
Dalle trombe accompagnata
O dal suon di rozze avene,
Sulle scene sollevata
Ingegno l’umane sorti
Di cotunno e sorco ornata,
Se l’accolser le gran corti;
N’ebber vite luminose
Gli alti regi e i duci forti:
Lo ridican le famose
Del regnante siciliano
Olimpiadi polverose,
E quell’inclito romano
Posto a lato al Re dei numi
Dal gran vate mantuano:
Lo ridica il Re dei fiumi,
E rivolga lieti e alteri
A Ferrara i glauchi lumi:
Nascer vide i bei pensieri
Che cantaro in stil divino
Oh qual fan le nostre carte
Scintillar quanto pro
Armi donne e cavalieri:
Tu ancor mesta o chiara Urbino
Te lo rammenti, e il duolo ascondi
Del cangiato tuo destino:
Della rovere le frondi
Secche son, né di restauro
Speme v’è che le secondi,
E le sponde del Metauro
Sparse ancor d’ossa africane,
Nude son di Mirto e Lauro.
Vive ancor però rimane
La radice delle piante
Oltre l’uso uman sovrane,
E taluna verdeggiante
Sta sul Tebro, sprezzatrice
Di tempesta minacciante:
Molte o felina felice
Ten frondeggiano nel seno:
Fregio a tanta insegnatrice:
Ma superbo il picciol Reno
D’una è più, che tanto dona
Pregio al fertile terreno,
E quell’è che d’Elicona
Trapiantata; i crini tuoi
Orsi illustre orna e corona.
D’altri più mostrar tu puoi
La gentil poetica arte
Esser arte ancor d’eroi.
Oh qual sanno le nostre carte
Scintillar quanto produce
Nobil pace oh fiero Marte!
Pera sì quell’alma truce
Che vorria tarpare i vanni
Al bel genio che n’è Duce:
Dove il sieguo; Invidie e Inganni
Col pie’ premo, e ignota faccia
An per me livore e affanni.
Se procelle il mar minaccia;
Io mi reco in man la lira
E richiamo la Bonaccia.
Cade tosto al fondo l’ira
Delle torbide procelle,
E soave il vento spira:
E di Ninfe illustri e belle
E d’eroi cantando i pregi;
Porto i nomi sulle stelle,
E do vita ai fatti egregi.
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shelfmark 74.R.34.6
Record by Bianca Marracino