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VIII
Bella ferocia, temuto ardire,
Cor che vuol libera vita o morte,
Molsworth ti rendono nobil guerriero;
Ma non ti rendono felice amante.
Cangia negli ozii dell’aurea pace
E nella docile guerra d’amore
Cangia i belligeri fieri costumi.
Si lascian vincere le Ninfe belle
Più per assedio, che per sorpresa:
Ma la vittoria non è mai figlia
Di forza e d’impeto. L’armi sicure
Son guardi fervidi e sospiretti,
Servir’ assiduo, e la mercede
Con occhi languidi chieder tacendo,
Indi star vigile a quel momento,
Che voci tremole, corte parole,
Fissi e reciprochi guardi loquaci
A dolce invitano sicuro assalto.
Piacer difficile, quando s’ottiene,
Tanto più amabile porta Contento;
Quanto men devesi l’Opra a fortuna.
IX
Deh se t’accrescano, vecchia gentile,
Gli amicifati de’giorni’l numero,
E per te Lachesi gran tempo sile;
Parti e qui lasciami far per brev’ora
Con la mia cara meta dell’anima,
Soletta e libera dolce dimora.
I desiderii caldi del seno
Pur troppo scorgi negli occhi fervidi;
E imponi seria timore e freno.
Se della giovane stagion su’l fiore
D’amor ti punse l’acuto stimolo,
E ti fu barbaro l’altrui rigore;
Perché del misero dolor d’allora
Ch’or sì n’affligge, pietosa e memore;
Non lasci placida farne dimora?
Ma tu d’invidia accesa e d’ira.
Mostri negli occhi l’anima vigile
Che dalla logora bocca mai spira.
In quella rancida spoglia deh torni
Amor deriso che in fier ludibrio
T’affanni e t’agiti gli estremi giorni.
Perverso genere draghi veglianti
Sull’auree poma, vecchie anzi furie,
Noioso incommodo dell’alme amanti;
Amor percotasi conferrei strali
L’orecchie gli occhi e quella garrula
Linguaccia origine di tanti mali.
X
Or che siam liberi, che siam soletti,
Cara delizia dell’alma mia,
Lieti nel bevere e nell’amare
Ridiam dell’orride severe vecchie
Ch’ir tutte possano qual nebbia al vento.
Prendi quel limpido bicchier, ch’io voglio
Versar purpureo vino francese
Nato ad estinguer l’arida sete.
Faccianne un brindisi, beviam del pari,
Ma poi non tergere quell’umidetto
Labbro e la morbida lanugin bionda
Cui stille rendono rubicondetta
Ch’ivi s’arrestano ne’lati estremi.
O troppo semplice tu ancor non sai
L’uso dell’umide labbra vezzose.
XI
Il lino candido la mensa copre,
Sarà prontissima la cena: or vieni
Lidio il più amabile de’ miei più cari:
Vieni, ma copia di scelti cibi
E di purpureo vin di Borgogna
Con la tua fervida ninfa brunetta
D’occhi negrissima di negre chiome
Porta, al tuo solito gentil. La cena
Sarà prontissima: vieni, ma porta.
Io voglio aggiungere quel che la nostra
Fid’amicizia ti fa più grata.
Endecasillabi catulliani
Lieto vuò leggere dopo la cena.
Tra lieti brindisi accompagnati
Da femi languidi parlanti sguardi;
Dolce s’ascoltano con bella ninfa
Gli endecasillabi catulliani.
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shelfmark 74.R.34.2
Record by Bianca Marracino