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Redazione
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Quando che’l buon Troiano
Così dunque si tratta una par mia
Detto questo s’ammuti
E Dido in conclusione
Poetical text transcription
Quando che’l buon Troiano
In Cartago arrivò pieno di stracci
Sì che pareva appunto
Ch’à far carta in Cartagin fosse giunto.
Quando insomma il guidone
Dall’ hostessa Didone
Si risolse di corsela pian piano
E non hebbe vergogna
Chi lo fece sguazzar com’in cuccagna
pagar con una volta di calcagna.
La povera figliola
Cominciò disperata
Com’una spiritata
A darsi i pugni al volto
Ed a graffiarsi il capo
Ch’havrebbe detto ogn’un questa ha la tigna,
E contro il galant huom che la tradì
Si morse il dito e disse al fin così.
Così dunque si tratta una par mia
E di questa moneta
Si pagano i servitij
Che t’ho fatti tu qua da me giungesti
Tisico della fame ignudo e scalzo.
E hor che t’ho ingrassato
Com’un porco tu batti la calcosa
E senza dirmi addio
Mi lasci sola in letto,
Figliolo d’una troia maledetto.
A che farmi sul primo
Tante monine e tante
E far lo sviscerato e’l cascamorto
Se lasciar mi volevi
E poi fartene beffe.
Bastardaccio guidon becco coll’effe
O minchiona ch’io fui a dar orecchie
A tante tue carote
Quando vantavi meco
D’esser un huom divino
S’eri nemico capital del Greco.
Potea pur io pensare
Che mentre tu sbragiavi
D’esser razza celeste
Havresti fatto al fin questo camino
Perché di molto fumo havevi in testa.
Chi crederia già mai
Che per un che si fa re di Latini
Mi sia condotta a fare
Un error in grammatica sì grosso
E che al nome d’Enea
Non habbia conosciuto
Che questo traditore
Ben che facesse il gonzo
Haveva come il nome il cor di bronzo.
Sì che di bronzo sei
Che se di bronzo alfin non fossi stato
T’havria giovato poco
La tua madre lasciva
A liberarti da le man del foco.
Tu menti per la gola
A vantar per tuo padre
Il Pastorello Anchise
Che se figlio tu fossi d’un pastore,
Non ti darebbe il core
Di partire dal terren ch’hai seminato,
E non curarti un’hacca
Di lasciar quel ch’è più pregna una vacca.
Ma vanne pur crudele,
Vanne pur col malann che Dio ti dia,
Che della mia pazzia
Giunto è il tempo di far la penitenza,
E voglio adesso
Che questo incauto core
Ch’ostrutto et opilato ancor si sente
Dall’indegno Amore
Habbia da le mie mani
Medicamento raro
E su la spada tua pigli l’acciaro.
Hor hor da questo petto mi preparo
A scacciar foco con foco,
Già la pira ho composto
Per cucinarmi arrosto,
Già già vi monto sopra
E di provar m’ingegno,
S’anco il male Troian guarisce il legno.
Tu quando al cielo alzarsi
Vedrai monti di fumo
Dì pur dì pur crudele
Ch’in graticola il corpo io mi consumo,
E quando sentirai
Da questo Torrione
Sbatocchiar le campane a più non posso
Dì pur ch’il mesto suono
Ch’a te l’aria trasporta
Vuol dir con quel dindon Didon è morta.
Detto questo s’ammutì
Della pira colma d’ira
Sopra i legni a cavallo indi montò,
E così far vendetta si pensò
Perch’udì che di legno
Un Caval Troia guastò.
Poi ferì quel bel core
Che d’amore ebro affatto si mostrò
Già che lagrima rossa vomitò.
Quelle stille fur faville
Ond’il foco s’allumò
E Dido in conclusione
Fessi chiamando il caro ben carbone.
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shelfmark RES VM7-102-150.6
Record by Sébastien Guillot-Genton