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Poetical text transcription
DITE, castalie Dee,
Che non vince virtù, che sempre è desta?
Per le spiaggie Lernee
Sorge prole immortal belva funesta:
Belva, ch’i lumi ardenti
Empie di fiamma e d’ira
Scocca ne’ danni altrui fiati nocenti:
Belva, ch’ovunque gira
Torva le luci, incendio e morte spira.
Spaventoso portento!
Sette di cieco orror livide teste,
Stende orgogliosa al vento
Dal ampio sen la velenosa peste.
S’una avvien, che ne svella
Ardita man; con sette
Strani germogli al Ciel si rinovella;
E par, ch’altrui saette
Ne’ rampolli crescenti aspre vendette.
Tanto ancor ne le sere
Può d’oltraggio sofferto ira, che freme,
A sembianze sì fiere
Temon l’onde e deserto il lido geme.
Orma d’umane piante
Quivi già mai non giunge
Per lontano sentier, se non errante.
Il peregrin, cui punge
Freddo timor, l’addita e se ’n va lunge.
Ma chi di palme armato
Trasse l’ombre oscure a rai del sole
Cerbero catenato;
Non paventa il fischiar d’orride gole:
Dove più di veleno
Arde l’angue vorace,
Securo infra le morti avventa il seno:
Ruota sanguigna face
Destra, che pugna, ha suoi trionfi in pace.
Ma di qual serpe i fischi
Turban del mio Parnaso il suon giocondo?
Ceraste, o basilischi
Unqua non ebbe più feroci il mondo.
D’atro tosco ministro
Minaccia il mostro infido
Con spavento mortale il Reno e l’Istro.
Qual più riposto lido
Si scuote in guerra di sua rabbia al grido.
Cinto di lucid’armi
Contra belva che freme e l’alme uccide,
Svela Pindo a miei carmi
Qual diè pietoso il Ciel novello Alcide:
Del Monarca Germano,
Cui sugli empi tonando
Folgore tripartito arma la mano,
Ecco cinto Fernando
Premere i campi e fulminare il brando.
Dal velenoso sangue
Ch’esalando verso sveco tiranno,
Sorga pestifer’angue
E crudo porti in fronte oltraggio e danno:
Valor, ch’ove Fortuna
Pertinace contraste,
Nel magnanimo sen possanza aduna;
Porta suo cor fra l’aste
E calpesta col pie’ draghi e ceraste.
L’empio, che ’l ferro impugna,
Perché scuota crudel Cesareo soglio,
Con sanguinosa pugna
Su l’Istro in fra le mura alzi l’orgoglio:
Contra assalto nemico
Guerriero ardir la sponda
Offra talor d’immenso fiume amico
E con sorte seconda
Pugnino a sua difesa il ferro e l’onda:
Ma che? lucido telo
Gravi tua destra pur, regio campione:
Scritto ha con stelle il cielo;
Se non pugna virtù, non si corone.
Ne le barbare rocche
Fiamma divoratrice
Vibrino a danni altrui fulminee bocche:
Sparso da mano ultrice
Beva sangue infedel muro infelice.
Temerario contrasto!
Dal giogo indegno e dal mortal periglio,
Che già turba tuo fasto.
A che non alzi, Ratisbona, il ciglio?
Mira di palme onuste
Tra spaventi di morte
Premer tue soglie il giovinetto Augusto.
Già caduta è la sorte:
S’apran su l’Istro al tuo gran re le porte.
Prenda il mondo gli auguri:
Ne’ trionfi de’ regi il Ciel non erra.
Vinti s’aprono i muri;
Ma non cede il superbo e riede in guerra.
L’Artoe campagne ingombre;
Che già di morte è reo:
O sfidi l’Etra o ’l Ciel di nubi adombre:
Fia d’altra man trofeo.
Man, ch’un’Idra svenò, non teme Anteo.
Già canora la tromba
Ode Norlinga, che sue squadre accende.
Scosso il suolo rimbomba
E strepitoso il Ciel sereno offende.
Tuonano i bronzi; intorno
Par, che sdegnoso avvampi
Di fiamma il sole e vinto ceda il giorno.
Tra lo splendor de’ lampi
Ecco giacer pieni di morte i campi.
Tra le stragi e le prede
Cede l’empio Vaimaro e fugge ascoso.
E dove, e dove il piede
Porti lungi da l’armi in vil riposo?
Movi squadre novelle
Che Marte onori e pregi
E che puote furor contra le stelle?
Fisso ha ’l Cielo, che fregi
Tuo sangue infido al gran Fernando i pregi?
Ma dove sciolte hai l’ale,
Bella Euterpe? su l’uscio adamantino
De l’albergo immortale
Segnò vanto più bello alto destino.
Già tra ferree catene
Stanca l’invidia e doma
Prepara al vincitor glorie serene;
Et a la regia chioma
Porta suoi fregi ossequiosa Roma.
Duro ferro guerriero
Si curvi in giro e incoroni il crine,
Che glorioso, altero
Sparse augusto campion d’orride brine.
A sanguigna vittoria
Di sudor figlia, avaro
Non sa il Cielo negar pompe di gloria.
Fra le nubi d’acciaro
SOL di regio valor splende più chiaro.
Sacri cigni dircei,
Cui verdeggia d’onor puro Elicona
Dagli alti colli Ascrei
Tessete al novo Augusto ampia corona.
L’età, ch’i nomi strugge,
Senta strale canoro,
E trafitta incateni il piè, che fugge.
Più che di ferro e d’oro
Temon gli anni e il Ciel serto d’alloro.
A sì vaghi fulgori
Volgi tu, gran MAURITIO, intento il volto;
E tra patrij splendor
Lieto vedrai tuo nobil fregio accolto.
Prisco vanto a tuoi duci
Nutri ne’ giri suoi
Superbo il Reno e chiaro altrui riluci
Là tra scettri ben puoi
Le corone additar degli avi tuoi.
Country
Language
Shelfmark
collection Borromini
shelfmark S. Borr. Q.IV.223.10
Record by Nadia Amendola