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S’avvien ch’io ripensi
Al ben ch’io ricevo,
Gl’ossequij che devo
Signor, sono immensi.
Crearmi dal niente?
Non sasso, né bruto?
Non uomo perduto
Tra perfida gente?
Ma nato e vivente
In terre fedeli
E farmi dai Cieli
Con prodigo eccesso
Di tutto se stesso
Convito frequente?
O Dio, che la mente
Dagl’oblighi oppressa
Confonte se stessa,
Né sa qual vicenda
Di gratie ti renda
Per quanto dispensi.
S’avvien ch’io ripensi
Al ben ch’io ricevo,
Gl’ossequij che devo
Signor, sono immensi.
Se fia ch’io rammente
Quel fien che t’accolse,
Quel lin che t’avvolse
Tra i giacci nascente
E poi penitente
De falli non tuoi,
Star tanto per noi
D’inedia languente
In poggio romito;
Cercar ogni lito
In fervide piante,
Chiamando l’errante
Con lingua amorosa
Con man portentosa
Al calle smarrito;
In fin che tradito,
Lasciato, rapito,
Sferzato, ferito,
Su rigido monte
Tra l’ire e tra l’onte
Spirasti innocente;
O Dio, che la mente
Dagl’oblighi oppressa
Confonde se stessa,
Né sa qual vicenda
Di gratie ti renda
Per quanto dispensi;
S’avvien ch’io ripensi
Al ben ch’io ricevo,
Gl’ossequij che devo
Signor, sono immensi.
Ma mentre ohimé quest’alma
Articolar non puote
A tante glorie tue ne pur favella
E nel suo nulla si dibatte e langue
Animata da te, t’offre il tuo sangue.
Che solo offrir conviene
La cagion d’ogni bene al Sommo Bene.
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shelfmark 204.3.B.12.41
Record by Nadia Amendola