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Su piaggia inospital d’Egittio mare
Pompeo, per man servil trafitto spiri,
T’avesse almen quel perfido Busiri
In stuol coi peregrin tratto all’altare.
Che se in tempio di Menfi ugual la morte
Godevi tu, con mille ospiti ancisi,
Invece d’Ostia o sia Serapi od Isi,
Ti ricevea per Nume a sé consorte.
Pur mentre oggi il gran Fabio in plettro eterno
Piange il tuo Fato entro Cirrea spelonca,
Fa curvarsi a tua fronte, ancorché tronca,
Idolatra pietoso insin l’inferno.
Con due stille d’inchiostro, ond’immortale
Le carte bea, più risonar si sente
Gli scempi tuoi, che il libico torrente
Ridir con sette bocche al mar non vale.
E se privo d’esequie e sepoltura
Lasciotti un empio in solitaria balza,
Fabro di Dirce, un mausoleo t’inalza,
Ch’il settimo prodigio a Caria oscura.
Questi sol ti risana ogni ferita,
Ch’è d’Esculapio il genitore istesso,
Che innestando il suo lauro al tuo cipresso,
Fia che gl’imprima eternità di vita.
Vivi dunque e trionfa; a tua vendetta
(Che più sperasti?) un Alessandro pugna;
Che s’ora arco per te canoro impugna,
Impugnerà ben tosto arco e saetta.
Ei già medita Marte, a strugger quanti
Faraoni e Busiri alberga Egitto;
V’è nel segno fatal di quell’invitto
Groppi di monti a sepelir giganti.
Ei per ritorre al Trace il sacro avello
Già già l’Europa in sul Giordano aduna;
Che s’una stella i re scorse a la cuna,
Scorgeralli a la tomba astro novello.
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shelfmark 204.3.B.12.37
Record by Nadia Amendola