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S’apra ogni ciglio a tributar stupori
A una beltà divina,
Che, qual’idol de’ cori,
Con possenti magie
Anche in un alma alpina
Provoca idolatrie;
Ond’è forza, che Giove ancor confessi,
Ché su ne’ cieli stessi
Così rara bellezza unqua non fu;
Credete a me, che non si può far più.
Non gira degli occhi
I gemini soli,
Che un dardo non scocchi,
Che un cor non involi.
Non forma un accento,
Ch’ogni alma non arda;
Da pari tormento
Se ride o se guarda;
Quindi è si vaga e bella,
Ch’a lei cede ogni stella,
Che lampaggia lassù.
Credete a me, che non si può far più.
Le sue guance vezzose
Sono de’ cori altrui
Calamite amorose;
I suoi labri vermigli
Son de’mari eritrei purpurei figli,
Che nel sen rosseggiante
Con nobile decoro
Chiudon di vive perle ampio tesoro,
A cui cede in ricchezza il gran Perù.
Credete a me, che non si può far più.
Direi, che la miraste;
Ma poscia non vorrei,
Ch’a lo splendor di lei
Voi subito avampaste.
So ben, ch’ognun di voi
Al primo balenar de’ lumi suoi
Tosto offrirebbe a lei sua servitù.
Credete a me, che non si può far più.
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shelfmark ARCA VII 24.72
Record by Nadia Amendola