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Non vi chiudete mai miei lumi al sonno,
Che con vigilie eterne
Spero dar fine a quelle cure interne,
Che, mentre immerso in un sopor profondo
Sta il ciglio sonnacchioso,
Rendon privo di posa il mio riposo.
Se vestite di larve atre e funeste
Accrescono il mio duolo ombre moleste,
Se si avanza dormendo il mio martire,
No, che non vuò dormire.
Vegghia pur, vegghia cor mio,
Che il dormir per te non fa?
Se con gelida impietà
Ti tormenta un sogno rio;
Se per te così penosi
Esser devono i riposi
Vegghia pur, ne ti avvilire;
No, che non vuò dormire.
Stanco di deplorar le mie sventure
Segue d’argine il sonno ai doppi fiumi,
Che versan lagrimando i mesti lumi;
E mentr’egli consegna
A una quiete placida e tranquilla
L’una e l’altra pupilla,
Chiuse appena le languide palpebre,
D’imagini gelose algente schiera
Manda a la fantasia sogno funebre
Fa vedermi il mio bene
Avvinto e stretto da rivale amplesso
Godere ad altri in braccio ore serene;
Che da la gelosia vinto ed oppresso,
Preda d’un cruccio estremo
Dormendo agghiaccio e vaneggiando io tremo;
Quindi all’or, che più bramo a l’ombre in seno
Trovar tranquillità, più all’ora io peno.
E se un sogno è cagion, ch’io piango tanto,
D’un aborto del’ombre è figlio il pianto.
Ma mentre dormendo
Godere io pretendo
Soave riposo
E un sogno geloso
Mi sforza a morire;
No che non vuò dormire.
Notte, che fabra sei di mie rovine,
I papaveri tuoi sfronda dal crine;
Mentr’ora più non ponno
Tuoi sonniferi incanti
Su i miei lumi vagheggianti
Far trionfare un sol momento il sonno.
Le gelosie sognate
Persuadono i lumi
A vigilie ostinate;
E perch’io più non sogni il mio periglio;
Un fantasma, ch’è cieco apremi il ciglio.
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shelfmark ARCA VII 24.66
Record by Nadia Amendola