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Su la base di costanza
La mia fede inalza il soglio,
E trionfa del’orgoglio
Di perversa lontananza;
Non teme del’oblio l’onte più fiere;
Una fè, ch’è costante unqua non pere.
Dunque in van tu pensi, o vaga,
Benché lungi io porti il piede,
Che vacilli la mia fede,
Che si saldi la mia piaga;
Di tua beltà, ch’ogni beltade avanza,
Troppo cara è al mio cor la rimembranza.
Può tenor d’astro severo,
Amator del mio periglio,
Separarti dal mio ciglio,
Mà non già dal mio pensiero;
Che il tuo bel volto ove soggiorna amore
Può star lungi dagli occhi e non dal core.
Il mio cor, che a te donai,
Non sia mai, ch’io ti ritolga,
Benché gli occhi a te non volga,
E non miri i tuoi bei rai,
Non sia mai, ch’altro dardo il sen mi tocchi
E’ il pensier quello, ch’ama, e non son gli occhi.
Di vagar per ampie arene
A uno schiavo ancora lice;
Ma strascina l’infelice
Sempre al piè le sue catene;
Pure il mio cor tuo schiavo innamorato
Erra lungi da te, ma incatenato.
Ha la perla il bel natale
Dove ha l’alba i regni suoi,
E perché lungi è da noi
Più si stima e tanto vale;
Pare il ricco tesor di tua bellezza
Più lontano è da me, più l’alma apprezza.
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shelfmark ARCA VII 24.35
Record by Nadia Amendola