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Più vagheggio il mio bel sole
Ahi, che acceso io più sfavillo,
E distillo
Da miei lumi un mar di pianti
A suoi raggi folgoranti;
Poiché amor comanda e vuole,
Ch’io non goda un dì tranquillo.
Più vagheggio il mio bel Sole
Ahi, che acceso io più sfavillo.
Raggiando in me lo sguardo,
Avventò pupilla arciera,
Più cortese, che severa,
Al mio cor placido dardo;
Poi con ciglio fulminante
Raddoppiò le mie ferite,
Che a soffrir piaghe cotante
Vi vorrebber mille vite;
Onde afflitto il cor si duole
De lo stral, che già ferillo.
Più vagheggio il mio bel Sole
Ahi, che acceso io più sfavillo.
Eccom’incenerito
Da le vostre saette occhi adorati,
E in quei fuglidi rai, che m’han ferito
Leggo del viver mio gli estremi fati;
Che apportator dell’ulitmo periglio
Passeggia il mio destin su’l vostro ciglio;
In paragon del foco,
Che mi accesero al sen quegli occhi belli
Spiran debili arsure i monghibelli,
Le fiamme acherontee sembrano un gioco;
Che sì grand’è l’ardor, che a l’alma io scerno
Ch’ogni favilla mia pare un inferno.
Ma non cessano qui le mie sventure;
Che se ciglio crudel desia ch’io mora,
Bella bocca canora
Minaccia a l’alma mia morti sicure;
Onde il suo dolce canto
Sprigionato da labri armoniosi
Incanta i miei riposi,
De le rovine mie giocondo fabro;
M’uccide il ciglio e mi dà morte il labro.
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Shelfmark
shelfmark ARCA VII 24.25
Record by Nadia Amendola