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Già veggio ogniun che ride,
E a le stupide ciglia
Archi formando va di maraviglia
In osservar l’effeminato Alcide,
Che da Iole deluso
Ha deposto la clava e tratta il fuso.
Tra lo stuol de le donzelle
Se filar voi mi vedete
Non stupite o donne belle,
E di me non vi ridete,
Che comandan così due luci care;
Le donne d’oggi fanno filare.
Se inesperta fu mia destra
Nel trattar fusi servili,
Ben’amor la fè maestra
Ne’ lavori femminili;
Queste de la beltà son opre rare;
Le donne d’oggi fanno filare.
O voi dell’Erimanto
Folti boschi, antri cupi, erme foreste
Tacete ogni mio vanto;
Le glorie mie son queste.
Il gran mostro di Lerna,
Preda del mio valore,
Non vanti più le redivive teste,
Poiché la fiamma interna,
Che al cor mi accese amore,
Più de’ capi nascenti
Fa pullularmi in seno Etne cocenti.
O cieli vacillanti
Più non vi sosterrei se voi cadeste,
Onde fermar dovreste
Su le terga d’Atlante i balli erranti;
Che assiso appresso a l’adorato sole,
A la mia bella Iole
Stimo pompa maggiore e miglior’uso
Più che reggere un ciel trattare un fuso.
Rida pur chi rider vuole,
Ch’io per me la vuò così;
Pur che sia vicino a Iole
Il filar la nott’e ‘l dì
È mio pregio singolare;
Le donne d’oggidì fanno filare.
Benché sia d’amor trastullo
Io filar voglio in eterno;
Di quel barbaro fanciullo
Chi provar non vuol lo scherno
Lasci pur, lasci d’amare;
Le donne d’oggi fan filare.
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shelfmark ARCA VII 24.14
Record by Nadia Amendola