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Redazione
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Già languiva la notte
Quando Medea tradita
Cielo cielo oh Dio Cielo che tardi
Nume ò tù Nume d'Averno
Né i sentieri dell'onda vorace
Fiamme ultrici sua destra tonante
Ah nò fermate o Numi
Torna ò caro e se crudel
Mà già che sordo è il Ciel
Forse in mirar Core
Prendetel si, ma oh Dio
Alme che tenere seguite Amor
Figlio di Venere che fai
Poetical text transcription
Già languiva la notte
E i zeffiretti alati,
Con aliti adorati,
Scorreano a ravvivar sui campi i fiori;
Già i pargoletti amori
Sorgean dal Gange a colorir le sponde
E già tremole l’onde
Attendeano inquiete
Goder fra molli argenti
Dell’adorato sol i rai nascenti.
Quando Medea tradita
Al pallido splendor del suo bambino
Scoprì del reo Giason la fuga ordita,
All’hor del suo destino
Palesando il tenore,
Contr’il suo traditore,
Che già l’onde solcava,
Invan s’accinge a provocare i venti
Col far noti in tal guisa i suoi lamenti.
Cielo Cielo oh Dio che tardi
Desta Desta homai lo sdegno.
Per ferir forse l’ingegno
l’arco tuo non ha più dardi.
Nume, o tu Nume d’Averno
S’a punir t’elesse il fato
L’infedel, l’empio, l’ingrato
Che non danni a strazio eterno.
Nei sentieri dell’onda vorace
Dio dell’acque sommergi l’infido
E nel mar pria che giunga sul lido
Di sua vita s’estingua la face.
Fiamme ultrici tua destra tonante
Vibri pure o gran Nume del Polo
E a trafigger quel seno incostante
I tuoi fulmini affrettino il volo.
Ah nò, fermate o Numi,
Lasciate pure in vita
Lo spergiuro, l’ingrato,
Infedele adorato,
Che s’egli è la mia vita, egli è il mio core,
Viver già non poss’io s’egli sen more.
Ma tu crudel nol vedi e forse intanto
Con lusinghiero inganno
Ti minaccia la morte il flutto infido.
Ahi se armata a tuo danno
L’onda t’assale, e ti contrasta il lido
Pria di restare assorto
Corri al mio seno e ti ricovra in porto.
Torna o caro e se crudele
Niega Zeffiro i respiri
Daran fiato alle tue vele
Più che l’aure i miei sospiri,
Torna o caro pria ch’io spiri.
Se orgogliosa onda incostante
Si fa sorda al tuo desio
Darà calma al Pino errante
Più che l’onda al pianto mio,
Torna o caro, torna oh Dio.
Ma già che sordo è il ciel, la terra, il mare,
L’inferno, e tu più crudo e tu più sordo
Sei alle strida, alle pene, a i pianti miei.
A che più spargo le mie voci indarno
Se l’offesa son io, s’a me s’aspetta
Far del barbaro indegno aspra vendetta.
Con armate falangi
L’oceano varcherò,
E nei confini dell’abbisso istesso
Anco ti giungerò.
Amici, a che tardate?
Su veloci accorrete,
Volando il mar fendete,
Uccidete, sbranate.
Già parmi, Io già m’avviso,
Il di lui teschio calpestar reciso.
No, non più dimora, l’infido mora.
Forse in mirar core sì perfido
Reso cadavere esangue e lacero,
Dell’ira i stimoli potrò chetar
E di cangiar degl’astri torbidi
Gl’influssi rigidi in raggi prosperi
Con simil vittima potrò sperar.
Prendetel si, ma oh Dio,
Non l’uccidete no, ch’è l’idol mio.
Si per maggior[e] pena,
Cinto d’aspra catena
Conducetelo a me
E se veggio il superbo
Con un duolo più acerbo
Chieder humil perdon
Chino al mio piè così l’audace avvinto
Vedrò supplice prima e poscia estinto;
Ond’io cangiata in fiume
Dalle lagrime mie sarà mio vanto
Far che venga il crudele a naufragar
Degl’occhi miei nel pianto
E alfin tradito il traditore istesso
Saprò, saprò ben io
Ardere e incenerir col foco mio.
Alme che tenere seguite amor
Hor che sentite il mio dolor
Deh compatite l’afflitto cor.
Figlio di Venere che stai nel ciel
Dagl’alti culmini scaglia il tuo Pel,
Vibra i tuoi fulmini contro il crudel.
Country
Language
Shelfmark
collection Pisani
shelfmark Arm.I Pis.4.2
Record by Giuseppe Migliore