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Watermark
Not recorded
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Cantata contraddistinta dal "N. 7"; il manoscritto apparteneva alla collezione di Giuseppe Sigismondo, acquisita dalla biblioteca alla sua morte.
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Analytical description
Or che d'orrido verno
Lungi dal ben che s'ama
Pur fra tanta mia pena
Nocchier che mira
Poetical text transcription
Or che d’orrido verno
L’usata pioggia i nostri campi inonda
E l’erba il fior la fronda
Fugge de’ venti il fiero soffio e cade,
E la vicina selva,
Che tanto or Borea
Ed Aquilon minaccia
Nuda rivolge al Ciel le antiche braccia;
Ora che il villanello in sé raccolto
S’agita, trema e bagna
Per soverchio rigor di pianto il volto
Più non potremo oh Clori andar pei campi
A pascolare il gregge
E gl’innocenti amori
A vicenda narrar d’un faggio all’ombra
Come facciam talora
Che Febo il piano e la collina ingombra.
Ahi ch’or lungi da te carco d’affanni,
Di mestitia ripien misero e solo
Dovrò spendere i giorni in preda al duolo.
Lungi dal ben che s’ama
Come si possa oh Dio
Vivere un sol momento
Dirti non so ben mio;
So che di morte io sento
Tutta la pena al cor.
Al suo fatal periglio
Vicino il prigioniero
Madre che perde il figlio
Non ha dolor sì fiero,
Non ha sì rio dolor.
Pur fra tanta mia pena,
Fra tanti affanni miei prende ristoro
Dal pensar che fra noi
La placida e serena
Stagione amica un dì farà ritorno
E splenderà per noi più lieto il giorno.
Questo pensier sol puote
Al misero Fileno
Scemear l’affanno
E rasciugar le gote,
E senza lui morrei diletta Clori
Sotto la sferza del crudel tormento
Tale è il dolor che da te lungi io sento.
Nocchier che mira
Vicino il lido
Più non s’adira
Col mare infido
Ma solca intrepido
L’ira del mar.
Del suo dolore
Così quest’alma
Soffre il rigore
Perché la calma
Quasi vicina
Deve sperar.
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shelfmark 34.6.25 (olim Cantate 44).8
Record by Giulia Giovani