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Redazione
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Analytical description
Padre, Signore e Dio
Deh taci non fu sola
Non potea, se bene ardita
Il crudele fu l’Amore
Dunque Amore è quell’empio
Deh ti basti, Amor, sì sì
Non più dunque amor no no
Con tante bocche aperte
Se in dono la Fede
Signor, tu giaci estinto
Quella Morte che feroce
D’Eva già spuntò dal seno
Per ingemmar di stelle a un empio il crine
Piangerò, ma poi vorrei
Amerò, ma quel desio
Già sento nel petto
Poetical text transcription
Padre, Signore e Dio,
E chi tanto poté, chi tanto ardio?
Tu, che prima cagion, virtude e mente,
Dai legge al tutto e il tutto orni e governi,
Ugual solo a te stesso e onnipotente,
Fermo ten stai ne’ tuoi gran moti eterni,
Hor da un Tronco pendente,
Nudo, esangue e trafitto,
Ti fai pena e perdon del mio delitto?
Deh taci! Non fu sola
La Colpa a tormentarlo, e ti consola.
Non potea, se bene ardita,
La mia Colpa aprirgli il lato,
Ma l’Amor gli porse aita
Con l’infida congiurato.
Il crudele fu l’Amore
Che nel fallo ascoso stava:
Ei suggé fin dentro il Core
Quella stilla che restava.
Dunque Amore è quell’empio
Che fa del mio Giesù sì crudo scempio?
Su su, spietato Amore! Al ferro, all’onte,
A i baci et a gl’inganni,
A i fragelli, a gl’affanni,
Trafiggi pur il piè, la man, la fronte,
Ma non piagar il Core:
Perdona almeno alla tua Reggia Amore.
Deh ti basti, Amor, sì sì!
Mira pur il seno e il cor
E vedrai che il ferro ancor
Vi stampò chi lo ferì.
Non più dunque, Amor, no no!
Troppo amante è il tuo rigor,
Mentre cerca il mio dolor
Nella piaga che formò.
Con tante bocche aperte,
Un Dio che chiede?
Fede
Ma il Cor che più peccò, più teme? Speme.
Ma un empio, che ‹già mai› sperar potrà?
Scaccia un vile timor! La Carità.
Se in dono la Fede
A un’Alma si dà,
La speme è mercede
Di sua Carità.
Dal duolo che sorge
Germoglia la fé
E il fallo risorge
Cangiato in mercé.
Signor, tu giaci estinto.
Del tuo Volto sereno
La Morte i rai d’atro pallore ha tinto.
Satiati, o Morte, a pieno! In van ti gonfi
De’ tuoi folli trionfi!
Spegni il fasto e l’orgoglio e quell’horrore
Che stampi in ogni Core!
Prendi pur altro nome, altra sembianza:
Morte non sei già più, ma sei speranza!
Quella Morte che feroce
Trionfò del fallo humano,
Contro un Dio vibrò la mano,
Ma restò trafitta in Croce.
D’Eva già spuntò dal seno,
Da’ suoi figli fu nutrita,
Toccò il fonte della Vita
E perdè tutto il veleno.
Per ingemmar di stelle a un empio il Crine,
Monarca de’ tormenti,
T’incoroni di spine,
E quel dolor che senti
Come perdono mio, vagheggi Amante,
Né fra le pene tue sì grandi e tante
Provi affanno maggiore:
Ché non t’uccide il duol, ma il troppo Amore.
Piangerò, ma poi vorrei
Che sorgessero dalle stille
In faville
Infocati i desir miei,
E sarei
Tutto pianto nel dolore,
Tutto foco nell’amore.
Amerò, ma quel desio
Che germoglia dal pentimento:
Solo è intento
A penar per il suo Dio.
Oh foss’io
Tutto doglia nel contento,
Tutto gioia nel tormento!
Già sento nel petto
La pena, il diletto
Che l’Alma tormenta,
Che il Cor mi contenta.
Peno per Dio spirante,
Godo per Dio ch’è amante:
E fra tante dolcezze
Nella Reggia del Core
Hor con gioia, hor con duol, trionfi Amore.
Country
Language
Shelfmark
collection Federici
shelfmark Mss 90.1
Record by Teresa M. Gialdroni