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È forse questo o Atene
Dal Tartaro profondo
Non più, mora l’ingrata
Alme invitte amiche squadre
Poetical text transcription
È forse questo o Atene
Il premio doveroso a miei sudori?
Di qual mercede ingrata
Rimuneri il mio sangue
Sparso per il tuo onor, per tua salvezza,
Se prode, invitto, e forte
Per sottrarti, pugnai, da un empia sorte.
Ma tu superba altera
Vilipendi, e disprezzi il nome, il merto
La mia gloria il mio onor, la fama, il fato
E ad’un perpetuo esilio
Condanni il mio valore,
Scagli sopra di me tutto il furore.
Dal Tartaro profondo
Correte inique Furie,
E a vendicar l’ingiurie
Destate l’alma il cor.
Cada Atene fulminata
Dal suo fasto l’empia, e ingrata
Più non speri il mio potere,
Più non tenti il mio valor.
Non più, mora l’ingrata
Vada in eterno oblio
Il suo orgoglio il suo ardir la sua grandezza,
Dia campo il mio furor alla vendetta
Un giusto sdegno intorbida il mio core
Medita strazzi incendii il mio valore.
Già m’accingo all’impresa,
Temistocle l’invitto
Con poderoso esercito s’avanza,
Per debellar l’orgoglio empio spergiuro;
Ma, oh Dio, qual duol m’assale,
Qual perverso pensier m’ingombra l’alma?
Perdona Atene il sdegno
Dolce patria mi sei benché tiranna,
E pria ch’io veda estinta la tua gloria
E di Serse l’amor cangiato in odio
Per sottrarti al periglio
Contento morirò sono un tuo figlio.
Alme invitte amiche squadre,
Non trionfi il vostro sdegno
Sopra Atene, e il suo valor.
Che se bene esule e privo
Del suo amor, ramingo io vivo,
Non fia mai che cangi cor.
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shelfmark Mus. Hs. 17603.9
Record by Andrea Zedler