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Hora, che densa e procellosa nube
Sorgi, perfida, e vedrai
Mira il mar tutto spumante
Ahimè, ahimè, che veggio?
Già che torna al mar la calma
Tu pur, Fillide, intanto
Poetical text transcription
Hora, che densa e procellosa nube
Toglie alle stelle il tremulo splendore
E al balenar degli infocati lampi
Tuona il ciel, freme il mar, sibilla il vento,
A te sen viene, o cruda Filli ingrata,
Per isfogar gl’ardori suoi cocenti
Un disperato amante
Quanto tradito più, tanto costante.
Sorgi, perfida, e vedrai,
Come il ciel tutto sdegnoso
Già minaccia eterni guai
Al tuo bel fato crucioso.
Sì, sì, sì, forse si sa,
Cruda Filli dispietata,
Che non cada fulminata
La superba tua beltà.
Mira il mar tutto spumante,
Che ne flutti tempestosi
Ti promette l’incostante
Sepellir i tuoi riposi.
No, no, no, non durerà
Il bel preggio, onde ti vanti,
Di piagar i cori amanti,
Che lo stral si spunterà.
Ahimè, ahimè, che veggio?
I voti miei delusi
Sgombra gl’horrori Zeffiro cortese
E l’aurette leggiere
Smaltano il ciel seren d’eterni azzurri.
Ecco in un punto
Sedate le procelle
E con benigno raggio
Sui cristalli del mar danzan le stelle.
Già che torna al mar la calma,
Torna, oh Dio, cara speranza.
Forse un dì forse quest’alma
Gioirà,
Goderà
E a mia fede, a mia costanza,
Bella Filli vezzosetta,
Forse un dì ritornerà.
Tu pur, Fillide, intanto
Torna alle piume e adagia
I morbidetti avori,
Ch’io parto, oh Dio, col tuo bel nome in bocca
Sperando di sognar le nevi intatte,
Dove il bambin arcier suoi dardi scocca,
E in fantasia baciar le vie del latte.
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