Bibliographic level
Type of record
Date
Title
Music format
Linked names
Is part of
Redazione
Physical description
Watermark
Not recorded
Notes
La cartulazione originale è 174r-186r. Per l’episodio di Maria ebrea che mangiò il figlio per fame durante l’assedio di Gerusalemme cfr. Flavio Giuseppe, Guerra giudaica, VI,3; Dante, Purgatorio, XXIII,25. Per l’autore del testo (con piccole varianti) v. Giampietro [i.e. Giovanni Pietro] Monesio, La musa seria, Roma, Corvo e Lupardi, 1674 L’autore dovrebbe essere Cesti, come si rileva da diverse concordanze, tuttavia questa fonte è attribuita a Jacopo Corsi (cfr. immagine).
Uniform title
Scoring
Bibliographic repertories
Bibliography
Analytical description
Del famoso oriente
Maria [nobile ebrea], Su su carboni ardete
Maria [nobile ebrea], Ma s'arder non potete
Maria [nobile ebrea], Su su carboni ardete
Maria [nobile ebrea], Fiamme lente fiamme pigre
Maria [nobile ebrea], Su dunque che fate
Maria [nobile ebrea], Su su carboni ardete
Maria [nobile ebrea], Ma so perch'a mio danno
Maria [nobile ebrea], L'accende il fiato e poi l'estingue il pianto
Maria [nobile ebrea], Eppur mi sprona il sì crudel digiuno
Maria [nobile ebrea], Ma fame tiranna
Maria [nobile ebrea], Ond'ecco alfin che per mio sol ristoro
Qui l'affamata ebrea
Chi uccise un Dio può divorare un figlio
Poetical text transcription
Del famoso oriente
Le teste regnatrici
Del gran Tito alle piante
Piegate havean le indomite cervici
Restava solo il Regnatore invitto
Per ultimo trofeo vincer l’Egitto
Ma dal Armi latine
Assediata e cinta di già languiva
Gierusalemme oppressa
Quando una madre ardita
Che in digiun disperato il dì traea
Avida sol di vita
Il figlio uccise indi così dicea:
Su su carboni ardete
Non vi mostrate avari al mio desio
De vostri accesi lampi
Deh fate homai ch’avampi
Tra sollecite fiamme il figlio mio.
Ma s’arder non potete
Perch’a voi niega i suoi respiri il vento
Hor dal languido fiato
Del mio labbro affamato
Un leggiero alimento
Almen porgete
Su su carboni ardete.
Fiamme lente fiamme pigre
Che si bada che si tarda
Empia madre anzi una tigre
Vuol ch’il figlio avampi et arda
Ma che dico ah non son io
Che così voglio e desio
Fame ria fame esecranda
Così vol così comanda.
Su dunque che fate
Carboni cocenti
Con vampe più ardenti
Homai sfavillate
O il sospirato cibo a me porgete
Su su carboni ardete.
Ma so perch’a mio danno
È così tardo e lento
Il vorace elemento
Da questi ch’ora io verso
Lagrimosi diluvii il foco asperso
Perde l’acceso vanto
L’accende il fiato e poi l’estingue il pianto.
Eppur mi sprona il sì crudel digiuno
Con mortali punture
Appetito importuno
A divorar sue membra anco immature.
Dunque o mio caro figlio
Tu che già fosti il sol de gl’occhi miei
Ora in sì gran piglio
Del mio ingordo appetito
Sarai trofeo gradito.
E se già ti diss’io mio ben mia vita
Or di mia fame ardita
Vittima diverrai
E tu mio core un sì gran core havrai?
E voi labbra mordaci
Cambiar potrete i fieri morsi in baci?
Ben io con labbro indegno
A ragion ti chiamai
Unico mio sostegno
Se sostenermi in vita tu dovrai.
Ma fame tiranna
Di già mi condanna
Con barbaro esempio
A far di te mio figlio orrido scempio.
Ond’ecco alfin che per mio sol ristoro
Ruoto il dente apro il labbro et ti divoro.
Qui l’affamata ebrea
Quasi fera nemea
Del suo figliolo esangue
Mangiò le carni e poi si bevve il sangue
Ond’hora più non vanti il Nilo audace
L’ucisor de’ suoi figli angue inhumano
Ch’ha i cocodrilli suoi anco il Giordano
E per sì enorme ecesso
Da un empia Ebrea commesso
Non fia per lo stupor ch’inarchi il ciglio
Chi uccise un Dio può divorare un figlio.
Web resources
Country
Language
Shelfmark
shelfmark 33.4.13(b).21
Record by Giacomo Sances