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Analytical description
Reggeva a piè dell'oziose incudi
Infelici Deità
Mentre che magro e secco
Si nutre il foco sol d'aridità
Infelici Deità
Hor voi giovani amanti
E ben può dir ogn'uno
Io già candida e bella
Poetical text transcription
Reggeva a piè dell’oziose incudi
Il Zoppo Dio Vulcano
Le membra in su la Crocchia,
E portandosi in Mano
Venere non più bella
Il fuso, e la Conocchia
Poveri Vecchi ignudi
Nell’Eolie caverne
Sfogavano così le doglie interne.
Infelici Deità
Che per esser immortali
Sono eterni ancora i mali
D’una lunga e vecchia età
Infelici Deità.
Io che sono la Diva de cori
Per mangiare non ho un polmone
E pur gode un tal boccone
Di Minerva la Civetta
Dalla fame crudele costretta
Le Colombe divorai;
Per soccorrere a miei guai
Più non trovo alcun piccione
Che sparita è la beltà.
Infelici Deità.
Io che sono gran fabro de strali
Dalla fame mi sento ferito.
Per scacciare l’apetito
Non mi giova la fucina.
Più non gode la turba divina
Di sentire i miei martelli
Per pigliarmi degl’uccelli
La mia rete ecco ha finito
Che la maglia rotta è già.
Infelici Deità.
Se già fui per altrui
Di piacer sì liberale
Or per uso giro il fuso
Fatta del vive mio Parca vitale.
Così mi fa contro il mio stile
Dura necessità filar sottile.
Mentre che magro e secco
Io son com’uno stecco
Il mortal che mi vede
Per Vulcano conoscer mi potrà.
Si nutre il foco sol d’aridità.
Infelici Deità
Che per esser immortali
Sono eterni ancora i mali
D’una lunga e vecchia età
Infelici Deità.
Hor voi giovani amanti
Fanciulle lascivette
Venite a rimirar vostre vendette.
Se provaste cotanti.
E sì duri strapazi
Dal mio figlio Cupido
Ecco fra mille strazi
Ignuda lagrimar la Dea di Gnido.
Già con Sterope, e Bronte
Il viver mio mi guadagnai col foco
Hora d’aria mi pasco afflitto e fioco.
Se fui Pirausta or son Camaleonte
E ben può dir ogn’uno
Questi è figlio di Giuno.
Io già candida e bella
Bruna e nera divento
Sono le mia budella
Solo piene di vento
Tal che della fucina
Del gran fabro divino
Son fatti in conclusione
Dura fame il martello
L’incudine il destino.
Il mantice son io e io il carbone
Ma non potiamo no far più facende
S’alimento non ha foco non splende
Ma non potiamo no far più facende.
Così sta, sta così
Amai bellezza che poscia sparì / Armai fortezza che al fin se ne va
Così sta, sta così.
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shelfmark X.120.12
Record by Giulia Giovani