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Not recorded
Notes
La cantata è stata copiata per il Cardinale Pietro Ottoboni nel 1691 e 1692 e per il Cardinale Pamphilj nel 1704.
Uniform title
Scoring
Bibliographic repertories
Bibliography
Analytical description
[M]i tenti amor in vano
Perdi il merito al soffrire
Così con certo evento
Voi, begl'occhi, mi ferite
Sì, che voi soli potete
Onde già, che disperi
Resista, chi teme trovar fedeltà
S'opponga ad amore, chi teme cader
Poetical text transcription
[M]i tenti amor in vano.
Già sò, che l’Idol mio
Non cura il duol, che mi divora il seno.
È se ben fido io peno,
Peno senza speranza
Per far bella così la mia costanza
Perde il merito al soffrire,
Chi desia qualche ristoro.
Cor, che nutre alto desire,
Non hà meta al suo martoro.
Così con certo evento
Ò pietosa, ò crudel la bella mia
Trovo ogni hor, che la miro il mio contento.
E se l’alma desia
Al suo lungo penar breve conforto,
Un guardo sol di lei gli è calma e porto.
Voi, begl’occhi, mi ferite,
Voi, begl’occhi, mi sanate,
Vivo e moro per voi sol.
Ò che piaghe al sen m’aprite,
Ò che il balsamo prestate.
Deggio à voi la gioia ò il duol.
Sì, che voi soli potete,
Lumi cari, se bramate,
Render lieto questo cor.
Mà s’indegno lo credete
Ò di lui pietà provate,
Dolce fia sdegno ed’amor.
Onde già, che disperi,
Ò ritrosa, ò cortese
La noia superar dell’amor mio,
Cedi una volta, oh Dio,
Cedi à chi tama, ò cara,
E à consolar un cor fedele impara.
Resista, chi teme trovar fedeltà.
Mà quando si trova,
Negar più non giova
La giusta pietà.
S’opponga ad amore, chi teme cader.
Mà se poi costante
Si scorge un amante,
Si cangi pensier.
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shelfmark Barb.lat.4202.7
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