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Poetical text transcription
«Fortuna, ecco le glorie
De’ tuoi sdegni in Demetrio. Ecco i trionfi
In me del furor vostro avversi Numi.
Non han gli egri miei lumi
Altro oggetto, che pene. Altro non resta
Da far bersaglio in me delle vostr’ire.
Tutto sono un martire,
Tutto uno strazio; e son sì folti i mali
Da voi scesi in mio danno
Che più luogo non hanno
Da colpire in Demetrio i vostri strali.
M’ha reso il fato
Sì sventurato
Che non può misero
Rendermi più;
Anzi è sì rigida
Con me la sorte
Che in sin la morte
Qualor mie suppliche
A lei si porsero
Sorda mi fu.
Ma per qual fine, oh Dei
Tormi avete voluto
Ciò che offrirvi umilmente ambito avrei?
Donarvi a un cenno solo
Potea con mio contento oro, grandezza,
Onor, salute, e vita
Che ancorché dati a me, di voi pur sono;
E pur vostra fierezza
Crudelmente ha goduto
Che sian vostra rapina, e non mio dono.
Non però mi querelo,
Che di mendicità, d’obbrobri e pene
Mossa abbiate ver me sì acerba guerra,
Anzi bacio divoto
Perché da vostra man scoccato viene
Il fulmin, che m’atterra;
E ognor fisso, ed immoto
In mostrar che m’è caro
Quanto a voi piace, e ch’io da voi dipendo
Per farne intiera fede
Sul nulla, che mi avanza
Gli sforzi più spietati
Di vostra crudeltà bramo, ed attendo.
Perché son vostro diletto
I miei scempi adorerò
E se ognor più gravi e dure
Armerete in me sciagure
Più che mai con lieto aspetto
Loro assalti incontrerò».
Con sì sublimi sensi
Demetrio un dì felice,
Poi da ben mille avversità trafitto
Formando argine invitto
All’inondar de suoi disastri immensi,
Fe’ noto in tal favella
Che la dote più bella
Di cui si pregi un generoso zelo
È il voler sol, ciò che è voler del Cielo.
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Record by Giulia Giovani e Ivano Bettin