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Poetical text transcription
E qual più che mortale
Forza d’Amor dal mio mortal ti svelle,
E del desio su l’ale
Ti trasporta, oh mio spirto, oltre le stelle?
Ove sei? Di qual luce
Scorgi da te non più veduti rai?
Qual bellezza infinita
In te sveglia un gioir di cui non seppe
Giungere al segno uman pensier giammai?
Ah sì, mio spirto sì, questo è il bel regno
Ove d’alme beate
Cinto da lieta, e festeggiante schiera
Della Terra, e de Cieli il Nume impera.
Quel canto tel dice
Che forman le sfere
Lodandolo ognor,
Tel narra l’eletta
Sua corte felice
Che struggersi vedi
In fiamme d’Amor.
Per quegli spazi immensi
Ove tutto è fulgor, tutto è vaghezza
Vola col guardo, e mira
Di sempiterna aurora ai vivi albori
In mille parti, e mille
Lussureggiar non mai caduchi i fiori.
Mira dell’ampie spoglie
De’ lor trionfi adorne in varie guise
Turbe a lui fide in auree sedi assise.
Quelle ch’entro al gran seno
De’ superni zaffiri
Vedi squadre distinte
In ben tre volte triplicati giri,
Son le menti più pure
Che a pro del mondo errante
Creò col mondo in un l’Eterno Amante.
I decreti immortali
Altre accinti a eseguir stanno sull’ali,
Altre avvampan vicine
Al Sommo Sole in amoroso fuoco,
E quel che là fiammeggia
Nel più sublime loco
Di grandezza, e di gloria
Per soverchio splendore oscuro abisso,
Quel che vedi, e non scorgi,
Godi, e pur non comprendi
Mar d’eterna dolcezza
In cui stassi altamente
Assorto in bel naufragio ogni desio
È quei, ch’è sole, e re del tutto, e Dio.
China i lumi abbagliati
Debil mio spirto, e dalla gioia oppresso
Che sì possente oggetto in te trasfonde
In una voce accogli
Tutto te stesso, e sì ver Lui la sciogli:
«Se venir da un solo instante
Può si vasto almo gioir
Che sarà star sempre avante
Al tuo bel né mai partir?»
Ma già ti chiama al suolo
L’abbandonata tua misera spoglia.
Già ritorni infelice
A questo di martir nido, e di doglia.
Deh trascorri pur tutti
I confini di lui; tutti passeggia
Con vista accorta i falsi suoi sentieri
E vedrai con tua pena
Che i diletti, e i piaceri
Le grandezze e i tesor, gli scettri, e i regni,
Di cui quaggiù cotanto
Sordida brama i cuor mal cauti ingombra
Son polve, e vanità, son fumo, ed ombra.
Non è qui cosa che basti
A far paghi i tuoi desiri,
Troppo è bel quanto mirasti;
Troppo è vil quanto rimiri.
Lassù dunque, ove han soggiorno
Pompe immense, e gioie estreme
D’aver tu pur sede un giorno
Poni, o spirto, ogni tua speme.
E pensoso ad ognor dì sospirando:
«A me sorte sì bella? Ahi quando, quando!»
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Record by Giulia Giovani e Ivano Bettin