Scheda n. 8424

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo a stampa

Data

Data certa, 1717

Titolo

Delle elegie III / Paolo Antonio Rolli

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Rolli, Paolo Antonio (1687-1775)

Pubblicazione

Londra : per Giovanni Pickard, 1717

Descrizione fisica

P. 75-77

Filigrana

Non rilevata

Note

Il tit. si ricava dall’intitolazione a p. 75; il nome dell’A. si ricava dal front. dell’intera edizione. Fa parte delle Elegie. Libro terzo.

Titolo uniforme

Torna nei versi miei molle Elegia. Forma non specificata

Trascrizione del testo poetico

III
Torna nei versi miei molle Elegia,
Ma spogliata di lagrime e sospiri
Porta la tua dolcissima armonia.
E’ sparita dinanzi ai miei desiri
La fedda nube del timor, che al core
Minacciava la pioggia dei martiri:
Torna, ché nelle tue note canore
Egeria mia dai suoi begli occhi neri
D’eterna gioia infonderà splendore:
Vedrai quanto tesor d’alti pensieri
Mi pose amor nell’alma, e vedrai come
Verso l’eternità volin leggieri.
Sen rieda pur d’Africa e Iberia dome
La gloriosa fronte di Scipione,
Ch’io non invidio il lauro alle sue chiome.
Mova pur dal dubbioso Rubicone
Il vincitor dei Galli, e a Roma porte
L’Impero suo con la civil tenzone;
Io non curo l’onor di sua gran sorte,
E con men di fatica e di periglio
Torrò il mio nome dalle man di morte,
Né degli ingrati cittadini esiglio
Aspetterò, né coprirommi il volto
Innazi ai colpi dell’istesso figlio.
Pera chiunque furibondo e stolto
Cerca alla propria ambizione riposo
Sparso di sangue e da ruine involto.
Quando uno sguardo placido amoroso
Ver me la Ninfa mia dai neri lumi
Move soave languido e vezzoso;
Non ho più il peso dei mortal costumi,
E parmi con le stelle intorno al crine
Siedere a mensa degli eterni numi.
Oh quanto tardan l’ore mattutine
A ricondur la desiata aurora
Sopra l’ondoso oriental confine:
Oh quanto, poiché uscì dell’acque fuora
E la faccia del mondo empì di luce,
Tarda, ahimé lasso, a ritornar quell’ora:
Quell’ora che al mio ben mi riconduce:
Amabile ora in cui più chiaro il raggio
Dalla chioma di Febo a noi riluce.
O Zeffiretti che portate Maggio,
Non sorga mai sull’apparir del giorno,
Acquoso vento che vi faccia oltraggio,
Sì che le nubi alzate al sol d’intorno,
Non turbin mai sulla verde collina
Il ritorno d’Egeria e il mio ritorno:
Ivi già nel confin della mattina
Quel caro sì che ancor mi sta nel core,
Cadde dalla sua bocca porporina.
Oh dolce bocca ove le man d’amore
L’ambrosia degli dei versan sovente
Dei bei labbri sull’umido colore:
Vicine ad ogni egual tuo terso dente
Perderian di candor quante più rare
Nascon lucide perle in oriente:
Escon da te le parolette care
E il dolce riso che arrestar può il sole
E far tranquillo in aspro verno il mare.
Auree soavi angeliche parole
Della mia cara speme ah non fuggite
Dal cor col sol di voi pascer si vuole:
Quando dal labbro del mio ben partite;
Veggio la sua bell’alma accompagnarvi
Con ardenti sospiri allor che uscite,
E sento impaziente d’aspettarvi
Che l’alma mia tutta in sospir si scioglie,
E correndo veloce ad incontrarvi;
Soavemente tutte vi raccoglie.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

A-Wn - Wien - Österreichische Nationalbibliothek
collocazione 74.R.34.18

Scheda a cura di Bianca Marracino
Ultima modifica: