Scheda n. 10790

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data certa, 1669

Titolo

Anonimo [A impietosir le stelle con li lumi piangenti]

Presentazione

Partitura

Legami a persone

Fa parte di

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

C. 1-15

Filigrana

Non rilevata

Note

"anonimo" posto in testa alla composizione da mano recente (ottocentesca?)

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, c)
A impietosir le stelle
2.1: (aria, 3/2)
Già la terra di lagrime inondo
3.1: (aria, 3/2)
Ancor più mi tormentate
4.1: (recitativo-arioso, c)
Delle tartaree grotte
5.1: (aria, c3/2)
Alma mia che alberghi in seno
6.1: (recitativo-arioso, c)
Della mia cruda dama

Trascrizione del testo poetico

A impietosir le stelle
Con li lumi piangenti
Spargo li miei sospiri in preda ai venti.
Non provò mai un core
Da più fiera tiranna
Una pena ch’eguagli il mio dolore
Troppo grande è il mio tormento
E questo sol m’affanna,
Che li sospiri miei son sparsi al vento.

Già la terra di lagrime inondo
L’alma mia nel petto si strugge
Il mio core è moribondo
Già la speme volando ne fugge.
Io che spargo le lagrime à mille,
Formo fiumi con semplice stille,
Ma nel fiume che sorge dal core
Mai s’annega il mio dolore.

Ancor più mi tormentate
Mie passioni dispietate
Quando mai terminando
Li sospiri li martiri
Quando mai fine haveranno
A dar pene ad un’alma innocente
A punirla col vostro rigore
A far prova d’un crudo furore
In qual scola l’imparate.
Ancor più mi tormentate....

Delle tartaree grotte
Dove è perpetua notte
Quelle pene più fiere
Sono appresso le mie dolci e leggieri.
E pure in vita frale
Per eternarmi il pianto,
Si rende il viver mio quasi immortale.
Mi pioveranno pria nembi d’affanni
E una maligna stella
A me prepararà sorte rubella
E prima un crudo duolo
Inquietarà in me più verdi gl’anni
E di perigli e pene
Per dove io movo il passo
Sarà ripieno il suolo
Con più dure catene
Il mio dolor terrà legata l’alma
Che mai contro costei habbia la palma.
Sarà pur vero o Dio,
che con tanto rigore
Si debba tormentare il cor mio .
Il più flebile canto
Che assorda li viventi
Il mio doglioso pianto
Con mal formati accenti,
Quando mai finirà
Deve questo martire
Forsi durar
Tutta l’eternità.

Alma mia che alberghi nel seno
Vola pure ne campi immortali,
Tu sarai contra veleno
per curar il mio corpo da i mali.
Il tormento non posso soffrire
Però chiamo veloce la morte
Quanto dolce sarebbe il morire
Quanto lieta sarebbe mia sorte.

Della mia cruda dama
Sarà saziata poi l’avida brama
E tra la crudeltà,
Se brama ch’io ne mora,
Dimostra verso me somma pietà
Sovente nell’offese
Trovar si suole ferità cortese.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Nc - Napoli - Biblioteca del Conservatorio Statale di Musica "San Pietro a Majella"
collocazione 33.4.17 (A) [olim C.I.8A (A.54)].1

Scheda a cura di Cinzia Trabucco
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