Scheda n. 9937

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, tra il 1690 e il 1710

Titolo

Del Sig:r Alessandro Stradella

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Stradella, Alessandro (1639-1682)

Fa parte di

13 cantate (n. 9924/13)

Pubblicazione

[S.l. : copia, fine XVII sec.]

Descrizione fisica

C. 58r-68r ; 220 x 290 mm

Filigrana

Non rilevata

Note

Titolo dall’incipit testuale. Capolettera ornato.

Titolo uniforme

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

URFM: Dal guardo lusinghiero ove con piè d'argento bagna
Gaspari 1893: III, p. 192

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, c)
Dal guardo lusinghiero
2.1: (aria, mi minore, c)
Stelle mie volete più
3.1: (recitativo, c)
Non bastava, astri fieri
4.1: (arioso, 3/4)
A che l’acqua d’un mar non è bastante
5.1: (aria, do maggiore, c)
La mia face sì tenace
6.1: (recitativo, c)
Sì amerò pure già ch’il fato hoggi vuole
7.1: largo(aria, si♭ maggiore, 3/2)
Morirò, sì, morirò
8.1: (aria, fa maggiore, 6/8)
Quelle belle luci grate
9.1: (recitativo-arioso, c)
Nel variar di cielo

Trascrizione del testo poetico

Dal guardo lusinghiero
Ove con piè d’argento
Bagna di Balbia l’adorato seno
Il misero Fileno
per fuggir il rigor d’Amor tiranno
Volse il core e le piante
su l’instabile suol del Mar Tirreno.
Ma l’infelice amante
non potendo a li venti scioglier le vele
e dar gli remi all’onde
Così su quelle sponde
mentre irato Nettuno rodea
con salso dente humido scoglio
spiegò l’aspro tenor del suo cordoglio.

Stelle mie volete più
per goder il cor disciolto
fuggi l’ombra d’un bel volto
e l’antica servitù.

Ma che pro, crudeli stelle,
se irate al mio gran danno
machinate nuovo affanno
col splendor di luci belle.

Non bastava, astri fieri,
salamandra d’amore,
haver tant’anni incenerito il seno
che per un sol momento
di libertà un contento
conceder non volete a questo core.
Fuggo la patria amata
sol per goder di libertà gradita
un atomo di vita
e pur mi contendete e volete.
Imperversando il sen
di Teti ondosa
ch’io in fiamma amorosa
per gli occhi, o Dio, di vaghi lumi adorni
torni a penar, ad adorare.
Ah sì che ben v’intendo misero
e che pretendo render tra l’onde
le mie fiamme infrante

A che l’acqua d’un mar non è bastante.

La mia face sì tenace
Che d’amore all’empia forza
mai vien meno né nel seno
d’un immenso mar s’ammorza.

Sì amerò pure già ch’il fato hoggi vuole
ch’io mora idolatrando un sì bel sole.

Morirò, sì, morirò
al riflesso di quel viso
E contento spirerò
Adorando un paradiso
E mutulo amatore
Paleserà le fiamme il mio pallore.

Quelle belle luci grate
Sempre adorerò
Benché a me lontano stiate
Tanto più io v’amerò.

In qual parte il piede io giri
Sarò sempre in lacci avvolto
L’ombra del tuo volto
scioglierà l’alma a’ sospiri.

Nel variar di cielo
ove lasso mi guida astro severo
potrò vita cangiar ma non pensiero
e se’l destino vuole ch’erri lungi da te,
caro mio bene,
che ne men con gli sguardi
io ti possi formar mute parole
col pensier delle pene
se non può Matre Natura
prescrivere al pensier meta o misura.
Mentre così dicea
agitato Fileno
placasi il mare e tranquilloss’il seno.
E provò in quell’istante
col partir della sua vita
che la calma anche gradita
è tempesta crudel a un core amante.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Bc - Bologna - Museo internazionale e Biblioteca della musica
collocazione V.41.13

Scheda a cura di Ivano Bettin
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