Scheda n. 8109

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, tra il 1660 e il 1690

Titolo

Udite le querele

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Savioni, Mario (1606/8-1685)
autore del testo per musica: Melosio, Francesco (1609-1670)

Pubblicazione

[Roma], copia, seconda metà del 17° secolo

Descrizione fisica

C. 43r-56v

Note

Capolettera ornato. Titolo dall'incipit testuale. Nell’indice a carta 6r: Lam.o Udite le querele [Musica] Del Sig.re Mario Savione [Poesia] Del Sig.re Fran.co Melosi.

Titolo uniforme

Udite le querele. Cantata lamento

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Bibliografia

Holzer 1990: p. 362

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, C)
Udite le querele
2.1: (arioso, re maggiore, 3)
Canto ma non già solo
3.1: (recitativo, C)
Una fenestra angusta
4.1: (aria, la maggiore, C)
Ma tu Cupido, tu

Trascrizione del testo poetico

Udite le querele
D’un disperato amante
Che per virtù d’un incantato foglio
Fu contro il suo volere
Mandato col mandato in Campidoglio.

Canto ma non già solo
Ch’uno strumento antico
Tutto in forma di cetera composto
Accompagnar mi vuole
Cantando ancora lui brutte parole.
Canto, ma il canto mio,
Benché sia passeggiato, è canto fermo
E dentro questa gabbia
Non canto per piacer, canto per rabbia.

Una fenestra angusta
Che, se bene ha mill’occhi, ha poco lume
Mi fa grazia tal’hora
D’una strana union d’alba e di sera
In questa breve stanza
Dov’io vivo dipinto a chiaro scuro
Son già due mesi intorno
E pur potrei giurare
Di non esserci stato un mezzo giorno.
Questo incerto barlume
Già che si sente infermo
Par che farsi palpabile procuri
Acciò ch’ognun gl’habbia a toccare il polso
E pur esser dovria bello e purgato
Se quasi per lambicco
Da picciola fenestra è distillato.
Misser Apollo, il medico celeste,
Che visita perfin grotte e cantine
Passa di qui lontano
Perché non gli dà il core
D’entrar per le finestre a gratta cascio
E non gli pare il mescolar decoro
Con la rugin del ferro i raggi d’oro.
Qui dentro io vivo insomma
Anzi qui dentro io moro a poco a poco
Non per purgar qualche commesso errore
Non per pagar di qualche fallo il fio
Ma solo perché fei ‘l debito mio.
Hor dove udissi mai
Stravaganza maggiore
Mi tiene un mal creato
Con spesa con incomodo e disgusto
In loco indegno e vile
E si chiama quest’atto, atto civile?
Sa ch’io son pover huomo,
Che sempr’hebbi nemica la fortuna
E che non diede il cielo
Una minima sorte al mio natale
E mi chiede la sorte principale
Siamo di mezzo inverno
E non saprebbe un Argo
Ritrovar per miracolo una foglia
Sovra gl’alberi tutti
Et egli sta ostinato
A voler che gli dia maturi frutti.
Preghiere e giuramenti
Nulla vagliano seco
Perché m’habbia cavar da quest’impaccio
Ch’egli non vuol dar fede a le parole
E a le promesse mie creder non vuole.
Oh disperata sorte
D’un pover debitore
Che né manco gli crede il creditore.

Ma tu Cupido, tu,
Nume del Ciel sovrano,
Perché con l’arco in mano
Non dimostri in mio pro’ la tua virtù
E con lo strale mortale,
E con la face vorace
Questa porta crudel non butti giù.

Ohimè ch’è vanità
Che chi la tolse al core
Voglia rendere al piè la libertà.

Chi sa forse ch’un dì
Quella crudel ch’adoro
Dirammi suo tesoro
Se rinchiuso a più chiavi io starò qui,
Se tal ventura
Mi dura tra queste porte la sorte
In tesor cangerà ch’impoverì.
Sì, sì, sì, sì, ben l’alma
Può nudrir verde speranza
Se già quasi ridotto al verde sto.

Ma dove ohimè trascorre
Per desio di cantar la lingua ardita
E qual felicità sogna la mente
Ah ch’io non sogno al certo
Che sognar non si può senza dormire;
Né qui dormir poss’io
Bench’ogni parte sceglia
Che non sta’l sonno ove si dà la sveglia.

Amanti voi ch’udite
Qual sia mia dura sorte
Imparate da me questo mistero:
Non fallisce mai colpo Amor volante
Ma fa fallir l’amante.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Bc - Bologna - Museo internazionale e Biblioteca della musica
collocazione V.289.3

Scheda a cura di Sébastien Guillot-Genton
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