Scheda n. 8012

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1630-1670

Titolo

S.r Mario Savioni / Quando che il buon troiano

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Savioni, Mario (1606/8-1685)
autore del testo per musica: Melosio, Francesco (1609-1670)

Fa parte di

Pubblicazione

[Roma : copia, 1650-1680]

Filigrana

Non rilevata

Note

Cfr. il testo poetico fra i "Recitativi ameni" in Francesco Melosio, Poesie prose, Bologna, pp. 168-171 con il titolo "Lamento di Didone", Bologna, 1674.

Titolo uniforme

Quando che il buon troiano. Cantata, Didone piangente

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Bibliografia

Eisley 1964b: p. 183
Porter 2001: pp. 103-105.

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, c)
Quando ch’il buon Troiano
2.1: (recitativo, c)
Così dunque si tratta una par mia
3.1: (aria, c)
Detto questo s’ammutì

Trascrizione del testo poetico

Quando ch’il buon Troiano
Ch’in Cartago arrivò pieno di stracci
Onde pareva appunto
Ch’a far carta in Cartagin fosse giunto
Quando insomma il guidone
Dall’hostessa Didone
Si risolse di corsela pian piano
E non hebbe vergogna
Chi lo fece sguazzar com’in cuccagna
Pagar con una volta di calcagna.
La povera figliola
Cominciò disperata
Come una spiritata
A darsi i pugni al volto
Ed a grattarsi il capo
C’havrebbe dett’ognun questa ha la tigna
E contr’il galant’huom che la tradì
Si morse il dito e disse alfin così.

Così dunque si tratta una par mia
E di questa moneta
Si pagano i servizi che t’ho fatti
Tu qua da me giungesti
Tisico dalla fame ignudo e scalzo
Et hor che t’ho ingrassato com’un porco
Tu batti la calcosa
E senza dirmi addio
Mi lasci sola in letto
Figliolo di una troia maledetto
A che farmi sul primo
Tante monine e tante
E far lo sviscerato e il cascamorto
Se lasciarmi volevi
E poi fartene beffe
Guidonaccio briccon matto
Oh minchiona ch’io fui
A dar orecchie a tante tue carote
Quando vantavi meco
D’esser un huom divino
S’eri nemico capital del Greco.
Potea ben’io pensare
Che mentre tu sbrasciavi
D’esser razza celeste
Havresti fatto alfin questo camino
Perché di molto fumo havevi in testa
Chi crederia giammai
Che per un che si fa re de’ Latini
Mi sia condotta a fare
Un errore in grammatica sì grosso
E ch’al nome d’Enea
Non habbia conosciuto
Che questo traditore
Benché facesse il gonzo
Haveva com’il nome il cor di bronzo
Sì che di bronzo sei
Che se di bronzo alfin non fossi stato
T’havria giovato poco
La tua madre puttana
A liberarti da le man de foco.
Tu menti per la gola
A vantar per tuo Padre
Il pastorello Anchise
Che se figlio tu fossi d’un pastore
Non ti darebbe il core
Di partir dal terren c’hai seminato
E non curarti un’acca
Di lasciar quel ch’è più pregna una vacca.
Ma vanne pur crudele
Vanne pur col malan che Dio ti dia
Che de la mia pazzia
Giunto è il tempo di far la penitenza
E voglio adesso adesso
Che questo incauto core
Che ostrutto e oppilato
Ancor si dia al degno amore
Habbia dalle mie mani
Medicamento raro
E su la spada tua pigli l’acciaro.
Hor hor da questo petto
Mi preparo a scacciar foco con foco
Già la pira ho composto
Per cucinarmi arrosto
Già già vi monto sopra
E di provar m’ingegno
S’anco il male troian guarisce il legno
Tu quand’al cielo alzarsi
Vedrai monti di fumo
Dì pur dì pur crudele
Ch’in graticola il corpo io mi consumo
E quando sentirai
Da questo torrione
Sbatocchiar le campane a più non posso
Dì pur che ‘l mesto suono
Ch’a te l’aria trasporta
Con quel dindon dindon
Dindon Didone è morta.

Detto questo s’ammutì
De la pira colma d’ira
Sopra i legni a cavallo indi montò
E così far vendetta si pensò
Perch’udì che di legno
Un caval Troia guastò.

Poi ferì quel bel core
Che d’Amore ebro affatto si mostrò
Giacché lagrima rossa vomitò
Quelle stille fur faville
Ond’il foco s’allumò
E Dido in conclusione
Fessi chiamando il caro ben carbone.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

US-Eu - Evanston (IL) - Northwestern University, Library
collocazione Mss. 1.36

Scheda a cura di Irene Maria Caraba
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