Scheda n. 8007

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1630-1670

Titolo

S.r Mario Savioni / Udite le querele

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Savioni, Mario (1606/8-1685)
autore del testo per musica: Melosio, Francesco (1609-1670)

Fa parte di

Pubblicazione

[Roma : copia, 1650-1680]

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

Udite le querele. Cantata

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Bibliografia

Eisley 1964b: p. 316
Holzer 1990: pp. 390-396
Porter 2001: pp. 105-106.

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, c)
Udite le querele d’un disgraziato Amante
2.1: (aria, 3/1)
Canto ma non già solo
3.1: (recitativo, c)
Una finestra angusta
4.1: (aria, c)
Ma tu Cupido tu
5.1: (arietta, c)
Ohimè ch’è vanità
6.1: (arioso, c.3/1-c)
Chi sa forse ch’un dì
7.1: (recitativo, c)
Ma dove ohimè trascorre
8.1: (aria, 3/1)
Amanti voi ch’udite

Trascrizione del testo poetico

Udite le querele
D’un disgraziato Amante
Che per virtù d’un incantato foglio
Fu contro il suo volere
Mandato in Campidoglio.

Canto ma non già solo
Ch’uno strumento antico
Tutto in forma di cetere composto
Accompagnar mi vuole
Cantando ancora lui brutte parole.
Canto ma il canto mio
Benché sia passeggiato è canto fermo
E dentro questa gabbia
Non canto per piacer canto per rabbia.

Una finestra angusta
Che se bene ha mill’occhi ha poco lume
Mi fa grazia tal’hora
D’una strana union d’Alba e di sera
In questa breve stanza
Dov’io vivo dipinto a chiaro scuro
Son già due mesi interi
E pur potrei giurare
Di non esserci stato un mezzo giorno
Questo incerto barlume
Già che si sente infermo
Par che farsi palpabile
Procuri acciò ch’ognun
Gl’habbia a toccare il polso
E pur esser dovria bello e purgato
Se quasi per lambicco
Da picciola finestra è distillato.
Messer Apollo il Medico Celeste
Che visita perfin grotte e cantine
Passa di qui lontano
Perché non gli dà il core
D’entrar per le finestre a grattacacio
E non gli pare il mescolar decoro
Con la ruggin di ferro i raggi d’oro
Qui dentro io vivo insomma
Anzi qui dentro io moro a poco a poco
Non per purgar qualche commesso errore
Non per pagar di qualche fallo il fio
Ma solo perché fei ‘l debito mio.
Hor dove udissi mai
Stravaganza maggiore
Mi tiene un mal creato
Con spesa con incomodo e disgusto
In loco indegno e vile
E si chiama quest’atto atto civile
Sa ch’io son pover uomo
Che sempr’hebbi nemica la fortuna
E che non diede il cielo
Una minima sorte al mio natale
E mi chiede la sorte principale
Siamo di mezzo inverno
E non saprebbe un Argo
Ritrovar per miracolo una foglia
Sovra gl’alberi tutti
Et egli sta incocciato
A voler che gli dia maturi frutti.
Preghiere e giuramenti
Nulla vagliano seco
Perché m’habbia levar da quest’impaccio
Ch’egli non vuol dar fede a le parole
E a le promesse mie creder non vuole
Oh dispietata sorte
D’un pover debitore
Che né manco gli crede il creditore.

Ma tu Cupido tu
Nume del Ciel sovrano
Perché con l’arco in mano
Non dimostri in mio pro’ la tua virtù
E con lo stral mortale
E con la face vorace
Questa porta crudel non butti giù.

Ohimè ch’è vanità
Che chi la tolse al core
Voglia rendere al piè la libertà.

Chi sa forse ch’un dì
Quella crudel ch’adoro
Dirammi suo tesoro
Se rinchiuso a più chiavi
Io starò qui se tal ventura
Mi dura tra queste porte la sorte
Un tesor cangerà ch’impoverì.
Sì sì ben l’alma
Può nudrir verde speranza.
Se già quasi ridotto al verde sto.

Ma dove ohimè trascorre
Per desio di cantar la lingua ardita
E qual felicità sogna la mente
Ah ch’io non sogno al certo
Che sognar non si può senza dormire
Né qui dormir poss’io
Bench’ogni parte sceglia
Che non si dorme ove si dà la veglia.

Amanti voi ch’udite
Qual sia mia dura sorte
Imparate da me questo mistero
Non fallisce mai colpo Amor volante
Ma fa fallir l’Amante.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

US-Eu - Evanston (IL) - Northwestern University, Library
collocazione Mss. 1.31

Scheda a cura di Irene Maria Caraba
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