Scheda n. 7990

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, tra il 1640 e il 1660

Titolo

Hor che pur ho potuto

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Savioni, Mario (1606/8-1685)
autore del testo per musica: Buti Francesco (1604-1682)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

C. 9r-14v - Iniziale ornata.

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Eisley 1964b: p. 261, n. 55

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, re minore, c/)
Hor che pure ho potuto
2.1: (arioso, re maggiore, 3/4)
Che fo ritorno
3.1: (recitativo, re minore, c/)
Ahi che la lontananza
4.1: (arioso, re maggiore, 3/4)
Che fo dunque
5.1: (recitativo e aria, re minore, c/)
Quando tra mille affanni
6.1: (arioso, re maggiore, 3/4)
Che fo dunque
7.1: (recitativo, re minore, 3/4)
Su tolgansi omai
8.1: (arioso, re maggiore, c)
Il pensiero che mi guida
9.1: (recitativo, la minore, c/)
Ben che di pruni
10.1: (arioso, re maggiore, 3/4)
Dunque cola non si ritorni

Trascrizione del testo poetico

Hor che pure ho potuto
Mover un dì lontano il piè tremante
Da quella ria che del mio amor costante
Mi fé sempre ostinata empio rifiuto.

Che fo ritorno o sto?
Io sto mi moro a fe,
E s’io ritorno ohimè
A maggior pena vo
Che fò dunque che fò.

Ahi che la lontananza
Daà colei che tal hor mi fea contento
In continuo tormento,
Cangia quel poco viver che m’avanza
Poi ch’un pensier m’accora
Che mi dice ad’ ogn’hora
Che dee mentr’ io di pianto il seno ammollo
Farsi de miei digiuni altri satollo
Ma che s’un tal martire
Mi risospinge a quel crudo soggiorno,
Ahi che del mio ritorno
Prenderà la crudel cotanto ardire.
Che superba et orgogliosa
Disdegnosa
Riderà delle mie pene,
Et ogn’hor m’userà crudeltà nova,
Poiché più certa fia per simil prova
Ch’io non posso scampar da sue catene.

Che fò dunque che fò?
Che fò ritorno ò sto,
S’io sto mi moro a fè,
E s’io ritorno ohimè
A maggior pena io vo
Che fò dunque che fò.

Quando tra mille affanni
Vivea misero schiavo
Della sua tirannia di fede avara
Esposto sempre a tradimenti e inganni
Pareami nel pensier sì dolce e cara
La libertà che lei sola bramavo,
E per seguirla non havrei temuto
Gir fra quanti martiri habbiasi Pluto,
Et hor che son per via di ritrovarla,
Sì nell’aspetto horribile mi pare
Che non oso mirarla,
Poiché solo in pensare
Che se disciolto andrò
Mai più non goderò
Di colei che nemica ancora adoro.
Apprendere non so
Ch’altro sia libertà ch’un gran martoro.

Che fò dunque che fò!
Ritorno ò sto,
S’io sto mi moro a fè,
E s’io ritorno ohimè
A maggior pena io vo
Che fò dunque che fò!

Su tolgansi homai
Da questi afflitti rai le cieche bende
Onde gli avvolse Amore
Fuggite dal mio Core
Larve bugiarde onde si scopra il vero.

Il sentiero che mi guida
All’infida
Benché sia di gioia asperso
Nel suo fine e poi diverso
Pien d’angoscie e gelosie.
Ma la via che mi rimena
Alla libera mia vita.

Benché di pruni e sterpi hor sia ripieno
Nel fin poi diverrà piana e fiorita.

Dunque colà
Non si ritorni più
Che miglior sempre sarà
D’una lieta servitù
Una quieta libertà.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

F-Pn - Paris - Bibliothèque Nationale de France
collocazione RES VM7-102-150.2

Scheda a cura di Sébastien Guillot-Genton
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