Record number 6048
Bibliographic level | Monograph |
Document type | Handwritten music |
Date | Uncertain date, |
Composer | Conforto, Nicola (1718-1793) |
Lyricist | Metastasio, Pietro (1698-1782) |
Owner | Sigismondo, Giuseppe (1739-1826) |
Title | Il sogno di Scipione serenata posta in musica / dal Sig.r Nicola Conforto | Musical presentation | Full score |
Publication | [S.l. : copia, 1741-1760] |
Physical description | 1 partitura (I,196,II c.) ; 215x277mm. Watermark: not registered. |
Notes | La serenata apparteneva alla collezione di Giuseppe Sigismondo, acquisita dalla Biblioteca alla sua morte. |
Uniform title | Vieni e siegui i miei passi. Serenata, Il sogno di Scipione |
Medium of performance | 5V,Coro(4V),4str: S,S,A,T,T,Coro(S,A,T,B),2vl,vla,bc |
Bibliographic repertories | SBN: MSM0085091 ![]() |
Bibliography | : manoscritto identificato con il n. 490 |
Analytical description | 1.1: Con spirito (Symphony, sol maggiore, c) 1.2: Largo (Symphony, sol minore, 6/8) 1.3: Allegro (Aria, sol maggiore, 3/8) 2.1: (Recitativo, c) Vieni e siegui i miei passi 3.1: Andante (Aria, do minore, 2/4) Risolver non osa 4.1: (Recitativo, c) Giusta è la tua richiesta a parte a parte 5.1: Allegro (Aria, sol maggiore, 3/8) Lieve sono al par del vento 6.1: (Recitativo, c) Dunque ove son? La reggia 7.1: Largo (Aria, si bem. maggiore, c) Ciglio che al sol si gira 8.1: (Recitativo, c) E quali abitatori? Assai chiedesti 9.1: Allegro (Aria, re maggiore, c) Germe di cento Eroi 10.1: (Recitativo, c) Numi. È vero, o m’inganno? Il mio grand’avo 11.1: Andante ma non presto (Aria, si bem. maggiore, c) Se vuoi che te raccolgano 12.1: (Recitativo, c) Se qui vivon gl’Eroi. Se paga ancora 13.1: Andantino (Aria, mi bem. maggiore, 2/4) Voi colà giù ridete 14.1: (Recitativo, c) Publio, padre, ah lasciate 15.1: Allegro (Aria, fa maggiore, 2/2) Quercia annosa su l’erte pendici 16.1: (Recitativo, c) Già che al voler de fati 17.1: Andante (Aria, re maggiore, c) A chi serena io miro 18.1: (Recitativo, c) E a sì enorme possanza 19.1: Allegro (Aria, sol maggiore, c) Biancheggia in mar lo scoglio 20.1: (Recitativo, c) Non più. Bella Costanza 21.1: Andante (Aria, do maggiore, 2/4) Dì, che sei l’arbitra 22.1: (Recitativo, c) E v’è mortal che ardisca 23.1: (Recitativo, c) Non è Scipio, oh Signore. Ah chi potrebbe 24.1: Andante (Aria, fa maggiore, 3/8) Ah perché cercar degg’io 25.1: Allegro (Aria, sol maggiore, 3/8) Cento volte con lieto sembiante |
Poetical text transcription | [Fortuna] Vieni e siegui i miei passi O gran figlio d’Emilio. [Costanza] I passi miei Vieni e siegui, oh Scipion. [Scipione] Chi è mai l’audace, Che turba il mio riposo? [Fortuna] Io son. [Costanza] Son io E sdegnar non ti dei. [Fortuna] Volgiti a me, [Costanza] Guardami in volto. [Scipione] Oh Dei? Quale abisso di luce, Quale ignota armonia? Quali sembianze Son queste mai sì luminose e liete? E in qual parte mi trovo, e voi chi siete? [Costanza] Nudrice degli Eroi, [Fortuna] Dispensatrice Di tutto il ben che l’universo aduna, [Costanza] Scipio io son Costanza, [Fortuna] Io la Fortuna. [Scipione] E da me che si vuol? [Costanza] Ch’una fra noi Nel cammin della vita Tu per compagna elegga. [Fortuna] Entrambe offriamo Di renderti felice. [Costanza] E decider tu dei Se a me più credi o se più credi a lei. [Scipione] Io? Ma Dee… che dirò? [Fortuna] Dubiti? [Costanza] Incerto Un momento esser puoi, [Fortuna] Ti porgo il crine E a me non t’abbandoni? [Costanza] Odi il mio nome Né vieni a me? [Fortuna] Parla [Costanza] Risolvi. [Scipione] E come? Se volete ch’io parli Se risolver degg’io lasciate all’alma Tempo di respirar, spazio onde possa Riconoscer se stessa. Ditemi dove son, chi qua mi trasse, Se vero è quel ch’io veggio Se sogno, se son desto o se vaneggio. [Scipione] Risolver non osa Confusa la mente Se oppressa si sente Da tanto stupor. Delira dubbiosa Incerta vaneggia Ogn’alma che ondeggia Fra’ moti del cor. [Costanza] Giusta è la tua richiesta a parte a parte Chiedi pure e saprai Quanto brami saper. [Fortuna] Sì, ma sian brevi Scipio le tue richieste, intollerante Di riposo son io; loco ed aspetto Andar sempre cangiando a mio diletto. [Fortuna] Lieve sono al par del vento, Vario ho il volto, il piè fugace, Or mi adiro e in un momento Or mi torno a serenar. Sollevar le moli oppresse Pria m’alletta e poi mi piace D’atterrar le moli istesse Che ho sudato a sollevar. [Scipione] Dunque ove son? La reggia Di Masinissa, ove poc’anzi i lumi Al sonno abbandonai Certo questa non è. [Costanza] No, lungi assai È l’Africa da noi, sei nell’immenso Tempio del Ciel. [Fortuna] Non lo conosci a tante Che ti splendono intorno Lucidissime stelle? A quel che ascolti Insolito concento, Delle mobili sfere? A quel vedi Di lucido zaffiro Orbe maggior che la rapisce in giro? [Scipione] E chi mai tra le sfere, oh Dee, produce Un contento sì armonico e sonoro? [Costanza] L’istessa ch’è fra loro Di moto e di misura Proporzionata ineguaglianza. Insieme Urtansi nel girar, rende ciascuna Suon dell’altre distinto E si forma di tutte un suon concorde; Varie così le corde Son d’una cetra e pur ne tempra in guisa E l’orecchio e la man l’acuto e ‘l grave Che dan percosse un’armonia soave. Questo mirabil nodo Che gl’ineguali unisce, Questa ragione arcana Che i dissimili accorda Proporzion s’appella, ordine e norma Universal delle create cose. Questa è quel che nascose D’alto saper misterioso raggio Entro i numeri suoi di Samo il saggio. [Scipione] Ma un armonia sì grande Come non giunge a noi? Perché non l’ode Chi vive là nella terrestre sede? [Costanza] Troppo il poter de vostri sensi eccede. [Costanza] Ciglio che al sol si gira Non vede il sol che mira Confuso in quell’istesso Eccesso di splendor. Chi là dal Nil cadente Vivo alle sponde appresso Lo strepito non sente Del ruinoso umor. [Scipione] E quali abitatori? [Fortuna] Assai chiedesti Eleggi alfin. [Scipione] Soffri un istante e quali Abitatori han queste sedie eterne? [Costanza] Ne han molti e vari in varie parti [Scipione] In questa Ove noi siam chi si raccoglie mai? [Fortuna] Guarda sol chi s’appressa e lo saprai. [Coro di Eroi] Germe di cento Eroi Di Roma onor primiero Vieni, che in Ciel straniero Il nome tuo non è. Mille trovar tu puoi Orme degli avi tuoi Nel lucido sentiero Ove inoltrasti il piè. [Scipione] Numi! È vero, o m’inganno? Il mio grand’avo Il domator dell’African rubello Queli non è? [Publio] Non dubitar, son quello. [Scipione] Gelo d’orror! Dunque gl’estinti [Publio] Estinto Scipio, io non son [Scipione] Ma in cenere disciolto Tra le funebri faci Gran tempo è già Roma ti pianse. [Publio] Ah taci Poco sei noto a te. Dunque tu credi Che quella man, quel volto, Quelle fragili membra onde vai cinto Siano Scipione? Ah non è ver, son queste Solo una veste tua; Quel che le avviva Puro raggio immortal che non ha parti E scioglier non si può, che vuol, che intende, Che rammenta, che pensa, Che non perde con gli anni il suo vigore Quello, quello è Scipione e quel non muore. Troppo iniquo il destino Saria della virtù s’oltre la tomba Nulla di noi restasse, e s’altri beni Non vi fosser di quei Che in terra per lo più toccano a’ rei. No, Scipio la perfetta D’ogni cagion prima cagione ingiusta Esser così non può. V’è dopo il rogo V’è mercé da sperar. Queste che vedi Lucide eterne sedi Serbansi al merto e la più bella è questa In cui vive con me qualunque in terra La Patria amò, qualunque offrì pietoso Al pubblico riposo i giorni suoi Chi sparse il sangue a beneficio altrui. [Publio] Se vuoi che te raccolgano Questi soggiorni un dì Degli avi tuoi rammentati Non ti scordar di me. Ma non cessò di vivere Chi come noi morì, Non meritò di nascere Chi vive sol per sé. [Scipione] Se qui vivon gl’Eroi… [Fortuna] Se paga ancora La tua brama non è, Scipio, è già stanca La tollerenza mia. Decidi. [Costanza] E lascia Ch’ei chieda a voglia sua. Ciò ch’egli apprende Atto lo rende a giudicar fra noi. [Scipione] Se qui vivon gl’Eroi Che alla patria giovar tra queste sedi Perché non miro il genitor guerriero? [Publio] L’hai su gli occhi e nol vedi? [Scipione] È vero, è vero Perdona errai gran genitor, ma colpa Delle attonite ciglia È il mio tardo veder, non della mente Che l’immagine tua sempre ha presente. Ah sei tu, già ritrovo L’antica in quella fronte Paterna maestà, già nel mirarti Risento i moti al core, Di rispetto e d’amore. Oh fausti Numi! Oh caro Padre! Oh lieto dì! Ma come Sì tranquillo m’accogli? Il tuo sembiante Sereno è ben ma non commosso. Ah dunque Non provi in rivedermi Contento eguale al mio? [Publio] Figlio il contento Fra noi serba nel cielo altro tenore Qui non giunge all’affanno ed è maggiore. [Scipione] Son fuor di me. Tutto qua su m’è nuovom Tutto stupir mi fa. [Emilio] Depor non puoi Le false dee che ti formasti in terra E ne stai sì lontano. Abbassa il ciglio Vedi là giù d’impure nebbie avvolto Quel piccol globo, anzi quel punto? [Scipione] Oh stelle È la terra? [Emilio] Il dicesti [Scipione] E tanti mari E tanti fiumi, e tante selve, e tante Vastissime province, opposti regni, Popoli differenti? E il Tebro, e Roma? [Emilio] Tutto è chiuso in quel punto [Scipione] Ah padre amato Che piccolo, che vano Che misero teatro ha il fasto umano. [Emilio] Oh se di quel teatro Potessi o figlio esaminar gl’attori; Se le follie, gli errori I sogni lor veder potessi e quale Di riso per lo più degna cagione Gli agita, gli scompone, Gli rallegra, gli affligge e gl’innamora, Quanto più vil ti sembrarebbe ancora. [Emilio] Voi colà giù ridete D’un fanciullin che piange Che la cagion vedete Del folle suo dolor. Quassù di voi si ride Che dell’età sul fine Tutti canuti il crine Siete fanciulli ancor. [Scipione] Publio, padre, ah lasciate Ch’io rimanga con voi. Lieto abbandono Quel soggiorno là giù troppo infelice [Fortuna] Ancor non è permesso. [Costanza] Ancor non lice. [Publio] Molto a viverti resta. [Scipione] Io vissi assai Basta, basta per me. [Emilio] Sì, ma non basta A’ disegni del fato, al ben di Roma, Al mondo, al ciel. [Publio] Molto facesti e molto Di più si vuol da te. Senza mistero Non vai, Scipione altero E degli aviti e de’ paterni allori I gloriosi tuoi primi sudori Per le campagne Ibere A caso non spargesti, e non a caso Porti quel nome in fronte Che all’Africa è fatale. A me fu dato Il soggiogar sì gran nemica e tocca Il distruggerla a te. Và, ma prepara Non meno alle sventure Che a’ trionfi il tuo petto, in ogni sorte L’istessa è la virtù. L’agita è vero Il nemico destin ma non l’opprime E quando è men felice è più sublime. [Publio] Quercia annosa su l’erte pendici Fra ‘l contrasto de’ venti nemici Più sicura, più salda si fa. Che se il verno le chioma le sfronda Più nel suolo col piè si profonda Forza acquista se perde beltà. [Scipione] Già che al voler de fati L’opporsi è vano ubbidirò. [Costanza] Scipione Or di scegliere è tempo [Fortuna] Istrutto or sei Puoi giudicar fra noi. [Scipione] Publio si vuole Ch’una di queste Dee... [Publio] Tutto mi è noto, Eleggi a voglia tua. [Scipione] Deh mi consiglia Gran genitor. [Emilio] Ti usurparebbe, oh figlio, La gloria della scelta, il mio consiglio. [Fortuna] Se brami esser felice Scipio, non mi stancar, prendi il momento In cui t’offro il mio crin. [Scipione] Ma tu che tanto Importuna mi sei di qual ragione Tuo seguace mi vuol? Perché degg’io Sceglier più te, che l’altra? [Fortuna] E che farai S’io non secondo amica L’imprese tue? Sai quel ch’io posso, io sono D’ogni mal, d’ogni bene L’arbitra colà giù, questa è la mano Che sparge a suo talento e gioie e pene, Ed oltraggio ed onori E miserie, e tesori. Io son colei Che fabbrica, che strugge, Che rinnova gl’Imperi; io se mi piace In soglio una capanna, io quando voglio, Cangio in capanna un soglio. A me soggetti Sono i turbini in cielo, Son le tempeste in mar, delle battaglie Io regolo il destin. Se fausta io sono Dalle perdite istesse Fò germogliar le palme, e s’io m’adiro Svelgo di man gli allori Sul compir la vittoria a’ vincitori Che più? Dal regno mio Non va esente il valore, Non la virtù che quando vuol la sorte Sembra forte il più vil, vile il più forte, E a dispetto d’Astrea La colpa è giusta, e l’innocenza è rea. [Fortuna] A chi serena io miro Chiaro è di notte il cielo, Torna per lui nel gelo La terra a germogliar. Ma se a taluno io giro Torbido il guardo e fosco Fronde gli niega il bosco, Onde non trova in mar. [Scipione] E a sì enorme possanza Chi s’opponga non v’è? [Costanza] Sì, la Costanza. Io Scipio, io sol prescrivo Limiti e leggi al suo temuto Impero, Dove son io non giunge L’istabili a regnar, che in faccia mia Non han luce i suoi doni Né orror le sue minacce. È ver che oltraggio Soffron color da lei Il valor, la virtù ma le bell’opre Vindice de’ miei torti il tempo scopre. Son io, non è costei Che conserva gl’Imperi e gli avi tuoi, La tua Roma lo sa. Crolla ristretta Da Brenno è ver, la libertà latina Nell’angusto Tarpeo ma non ruina. Dell’Ausido alle sponde Si vede, è ver, miseramente intorno Tutta perir la gioventù guerriera Il Console roman, ma no dispera. Annibale s’affretta Di Roma ad ottener l’ultimo vanto E co’ vessilli suoi quasi l’adombra Ma trova in Roma intanto Prezzo il terren che il vincitore ingombra. Son mie prove sì belle e a queste prove Non resiste Fortuna, ella si stanca E alfin cangiando aspetto Mia suddita diventa a suo dispetto. [Costanza] Biancheggia in mar lo scoglio Par che vacilli e pare Che lo sommerga il mare Fatto maggior di sé. Ma dura a tanto orgoglio Quel combattuto sasso Ma il mar tranquillo e basso Poi li lambisce il piè. [Scipione] Non più. Bella Costanza Guidami dove vuoi, d’altri non curo Eccomi tuo seguace. [Fortuna] E i doni miei? [Scipione] Non bramo e non ricuso. [Fortuna] E il mio furore? [Scipione] Non cerco e non pavento. [Fortuna] Invan potresti Scipio pentirti un dì. Guardami in viso, Pensaci e poi decidi. [Scipione] Ho già deciso. [Scipione] Dì, che sei l’arbitra Del mondo intero Ma non pretendere Perciò l’Impero D’un alma intrepida, D’un nobil cor. Te vili adorino, Nume tiranno, Quei che non prezzano Quei che non hanno Che il basso merito Del tuo favor. [Fortuna] E v’è mortal che ardisca Negarmi i voti suoi? Che il favor mio Non procuri ottener? [Scipione] Sì, vi son io. [Fortuna] E ben, provami avversa, olà venite Orribili disastri, atre sventure, Ministre del mio sdegno, Quel audace opprimete: io ve ‘l consegno. [Scipione] Stelle? Che fia, qual sanguinosa luce. Che nembi, che tempeste Che tenebre son queste? Ah qual rimbomba Per le sconvolte sfere Terribile fragor, cento saette Mi strinscian fra le chiome e par che tutto Vada sossopra il ciel. No, non pavento Empia Fortuna invan minacci, invano Perfida ingiusta Dea. Ma? Chi mi scuote? Con chi parlo? Ove son? Di Masinissa Questo è pure il soggiorno e Publio e il padre, E gli astri, e il ciel tutto sparì. Fu sogno Tutto ciò ch’io mirai? No, la Costanza Sogno non fu, meco rimase, io sento Il Nume suo che mi riempie il petto. V’intendo amici dei, l’augurio accetto. [Scipione] Non è Scipio, oh Signore (ah chi potrebbe Mentir dinanzi a te?) Non è l’oggetto Scipio de versi miei, di te ragiono Quando parlo di lui. Quel nome illustre È un vel di cui si copre Il rispettoso mio giusto timore Ma Scipio esalta il labbro e Carlo il core. Ah perché cercar degg’io Fra gli avanzi dell’oblio Ciò che in te ne dona il ciel. Di virtù chi prove chiede L’ode in quegli, in te le vede E l’orecchio ogn’or del guardo È più tardo e men fedel. [Coro] Cento volte con lieto sembiante Grand’Augusto dell’onde marine Torni l’alba d’un dì sì seren. E rispetti la Diva incostante Quella fronda che porti sul crine D’alma grande che chiudi nel sen. | ![]() | ![]() | ![]() | Country | Italy | Language | Italian |
Shelfmark | I-Nc - Napoli - Biblioteca del Conservatorio Statale di Musica "San Pietro a Majella" Cantate 351 (=21.3.4) |
Record by Giulia Giovani