Scheda n. 4720

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, tra il 1640 e il 1660

Titolo

Lungi, lungi da me fuggite a volo / [Giacomo Carissimi]

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Carissimi, Giacomo (1605-1674)
autore del testo per musica: Teodoli (conte)

Fa parte di

[Cantate da camera] (n. 4713/7)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

1 partitura (c. 27r-30v)

Filigrana

Non rilevata

Note

Attribuzione e appellativo da repertori e bibliografia. Recitativo estratto dalla cantata omonima, la cui aria si trova alle cc. 67-69 dello stesso manoscritto.

Titolo uniforme

Lungi lungi da me fuggite a volo. Recitativo, [Penosa rimembranza di gioie perdute]

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, c)
Lungi, lungi da me fuggite a volo

Trascrizione del testo poetico

Lungi, lungi da me fuggite a volo
Memorie sventurate
Quanto più pretendete
Ristorar del mio cor l’acerbo duolo
Tanto più l’accrescete.
Son le gioie perdute,
I perduti contenti,
Rimembranze amarissime e dolenti,
Rimembranze che lasso
Mi divorano l’alma,
Mi distruggono il cor cotanto è fiero
Del già goduto ben solo un pensiero.
Amai che dico amai pur anco adoro
Una bella suprema
Che di vaghezza estrema
Sul Tebro inalza
Gloriosa palma,
Felicissimo amante
Dopo lungo servir, lunghi dolori
Sovra l’ali di fé costante e pura
Giunsi a godere altissima figura
Oggi misero esempio
De’ più sprezzati et amorosi ardori
Nel porto della gioia
Convien che lasso io mora,
E nel mar del mio duol resti il cor mio
Sommerso ahimé senza mia colpa, oh Dio.
Così va chi si crede
Tener la sorte incatenata e stretta
Se più fugace ha il piede
Che d’arco sciolta rapida saetta
Io che folle sperai
Stabile il mio contento
Caduto alfin mi veggio
In abisso di duol d’aspro tormento,
Dal Ciel dall’auree stelle
Tra l’anime rubelle
Nell’inferno d’amor langue il cor mio
Sommerso ohimé senza mia colpa, oh Dio.
Dite s’udiste mai,
Dite s’udiste amanti
Più strana e fiera sorte
Che nel mar del piacer guizzi la morte,
Sotto forme sì care e bei sembianti
Mascherato sen vada oggi il dolore
Poiché per me dolente
Di cieco sdegno è cieco padre Amore.
Non più, non più presuma
Ravvivarsi al mio sen speme di pace,
l’alma ben ch’innocente
Incenerischi e pera
In grembo a la sua fiamma aspra e vorace,
Non più bramo la vita
Poich’è mia fé schernita,
Poich’è fatto ogni eccesso
D’amor, di servitù danno a me stesso.
Non più l’anima amante
Sporga fervidi prieghi
Adorando una tigre in volto umano
Una furia d’Averno, un duro scoglio
Seggio di vanità, scola d’orgoglio.
E s’armato il pensier torbido, e insano
De’ passati diletti
M’appresenta le forme e i vari aspetti
Non fia ch’il sen m’infeste
Con nuova speme, e lusinghiero assalto,
Che già fatto è di smalto
Ben che nel pianto suo giaccia il cor mio
Sommerso ohimé senza mia colpa, oh Dio.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

US-CAh - Cambridge, MA - Harvard University, Houghton Library
collocazione MUS Ms 106.7

Scheda a cura di Giulia Giovani
Ultima modifica: