Scheda n. 4227

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1940-1960

Titolo

Cantata / di Benedetto Marcello 13 genn. 1713

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Marcello, Benedetto Giacomo (1686-1739)
autore del testo per musica: Marcello, Benedetto Giacomo (1686-1739)
dedicatario: Ricci, Rosa
possessore: Malipiero, Gian Francesco (1882-1973)
copista: Malipiero, Gian Francesco (1882-1973)

Pubblicazione

[S.l. : copia, s.d.]

Descrizione fisica

1 partitura (p. 7-16) ; 33x24 cm + 1 foglio (p. 7)

Filigrana

Non rilevata

Note

Il foglio allegato (p. 7) consiste nell’inizio del recitativo di apertura della cantata "Come fuor dell’usato algente è il verno". Sulla partitura vi è l’indicazione "Contralto". Nella partitura vi sono due pentagrammi vuoti tra la voce e il basso continuo per ospitare, probabilmente, la realizzazione di quest’ultimo poi non effettuata. A p. 10 è segnalata un’anomalia nella fonte originaria: "Manca il basso nell’orig.".

Titolo uniforme

Organico

Voce e continuo

Repertori bibliografici

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, c)
Come fuor dell'usato algente è il verno
2.1: Allegro(aria, la maggiore, 2/4)
Senza speme di farsi più adorna
3.1: (recitativo, c)
Ah! Che m'avveggio adesso
4.1: (aria, c)
Torneran col suo ritorno

Trascrizione del testo poetico

Come fuor dell’usato algente è il verno,
Qual insolito orrore,
Qual caligine densa il giorno oscura!
Questa è ben la stagion in cui natura
Si risente e s’attrista,
Ma tal non s’è più vista
Da tenebre incessante irsene oppressa.
Insino il lauro, insin la quercia istessa
Quali rispetta il fulmine sonante
Ora con l’altre piante
Sfrondano l’alto crin sempre mai vedre;
Il gel che le disperde
Mai più vorace fu, mai più ostintato
Cui non tiepido fiato
Né sembra che di sirio anche l’ardore
Temprar mai possa il micidial rigore.

Senza speme di farsi più adorna
Ogni pianta si sfronda e si lagna.
Fatto sasso il ruscel tra la sponda
Più non corre, più l’erbe non bagna.

Ah! Che m’avveggio adesso
Qual di tante miserie
Onde son gl’elementi oppressi e vinti
E’ la causa funesta.
Partita è Filli e la cagione è questa.
Per lei tra queste selve,
Stagion intemperata unqua non s’ebbe
Co’ respiri del labbro
Dell’estivo leon temprò gl’ardori,
E guardate da lei
Nutrirsi l’erbe e non languire i fiori.
Alfoco dei bei rai
Verno troppo importuno
Resister non osò sicché fu sempre
Una sola stagion con moto alterno
Estate, primavera, autunno e verno.
Or ch’ella di qui manca
Della bella union rotta è la fede
Ogni stagione eccede
Né tornerò quel sì felice stato
Se non ritorna ancora
Quella ch’ognun per loro diva adora.

Torneran col suo ritorno
L’erbe al prato e l’acque al rio,
E con lor godrà il cor mio
Quel seren che già sparì.
Tutto in me sente dolore,
Alma, spirto, sangue, core
Poiché lei che tutto adorna
Dal mio guardo si partì.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Vgc - Venezia - Biblioteca della Fondazione "Giorgio Cini"
fondo Malipiero
collocazione MAL T 280.3.2

Scheda a cura di Giulia Giovani
Ultima modifica: