Scheda n. 1610

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1640-1660

Titolo

Sig:r Cesti / [Poi ché dal forte e dispietato braccio]

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Cesti, Antonio [Pietro] (1623-1669)

Fa parte di

Cantate da camera (n. 1397/6)

Pubblicazione

[S.l. : copia, 1640-1660]

Descrizione fisica

C. 41-60

Filigrana

Non rilevata

Note

Il testo, introdotto e chiuso da un "narratore" (S), nella parte centrale è un lamento di Polifemo (B)

Titolo uniforme

Organico

Soprano, basso, 2 violini e continuo

Repertori bibliografici

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, re minore, c)
S, Poi ché dal forte e dispietato braccio
%C-1@c '2A4.A8A/''4.D8DD6DD8DxC/4.E8E4-8EE/4E8EF4FF/
2.1: (recitativo-arioso, c)
Polifemo, Dagli abissi del mar cupi e profondi
3.1: (aria, fa maggiore, 3/2)
Apritevi procelle
3.2: (aria, c)
Rapitemi dal lido
4.1: (recitativo, c)
Misero, ah che vaneggio
5.1: (arioso, c)
Precipitò dall'alto in questi detti

Trascrizione del testo poetico

Poiché dal forte e dispietato braccio
Del Ciclope Gigante
Giacque estinto e sepolto
Di Galatea lo sventurato amante
L’orribil Polifemo
Lungi a begl’occhi dell’amato volto
Colmo di duolo estremo
Iva assordando i lidi
E fea suonar per la Trinacria sponda
Questi funesti e dolorosi stridi.

Polifemo
Dagli abissi del mar cupi e profondi
Non più ninfa amorosa
Ma belva disdegnosa
Sorgi ché più t’ascondi?
Sorgi che il tuo bell’Aci
T’attende all’ombra di quell’elce annosa
E conditi ti serba
Di nettare gli amplessi e i caldi baci.

O mostro di lascivie e di fierezza
Mira quel crin che t’annodava il petto
Dilacerato e sparso
Per la piaggia sanguigna errar negletto
Stringi la man che ti stringeva il cuore
Pallida e senza moto
Bacia i rubini ardenti
Or eclissati e spenti
Accogli quelle perle e quelle rose
Sfiorite e inlanguidite
Perfida tu ti credi
Sottrar dall’ora mia
Perché t’asconde il regno ampio dell’onde?

Senti superba senti
Io ben verronne a nuoto
Per quel sentiero ignoto
Né toglieratti a me tempeste o venti
Trapasserò ne penetrali ascosi
Degli antri cupi algosi
Suonerò su la soglia
De nostri humidi chiostri
I più potenti mostri.

Apritevi procelle
Sovra del curvo dorso prendetemi
Delfini date il passo
Al mio piè flutti marini.

Rapitemi dal lido
Sovra l’humido regno
Voragini profonde
Chi nel suol naufragò corra nell’onde.

Misero ahi che vaneggio è sordo il mare
E’ sordo il cielo al mio morir congiura
Lasso che fia di me? folle speranza
Dileguati dal seno
Tradito mio desire
Conforti disperati
Lasciatemi morire
Eccho la balza orrenda
Che tutt’aspra di scogli e di dirupi
Vuol che cadendo io scenda a farmi pasto
Homai d’orsi e di lupi
Godi barbara godi
Del mio funesto salto.

Precipitò dall’alto in questi detti
Il fier gigante esangue
Esca de’ muti pesci in grembo all’acque.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rsc - Roma - Biblioteca del Conservatorio "S. Cecilia"
fondo Orsini
collocazione G.Mss. 390.6

Scheda a cura di Elisabetta Fardelli
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