Scheda n. 11080

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, tra il 1690 e il 1700

Titolo

Tutto pene, tutt’affanni

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Melani, Alessandro (1639-1703)

Fa parte di

Pubblicazione

[S.l. : copia, XVIII sec.]

Descrizione fisica

C. 79r-81v; 88r-110r ; 202x270 mm

Note

Titolo dall’incipit testuale. La cantata occupa le carte 79r-81v e 88r-110 per l’errata collocazione del fascicolo contenente la cantata n. 5 in fase di rilegatura del volume. La sequenza corretta è segnalata da Rondinella in fondo a c. 81v dove è annotato «Siegue dopo questa Cantata» e a c. 88r dall’appunto «vedi a pag. 76». Tale numero di pagina si riferisce a una seconda cartulazione di mano del bibliotecario posta nell’angolo superiore del recto delle carte della presente cantata che non coincide con quella seriore poiché non tiene conto delle carte senza musica nel manoscritto.

Titolo uniforme

Organico

Soprano, 2 violini e continuo

Repertori bibliografici

Descrizione analitica

1.1: (aria, re minore, c)
Tutto pene, tutt’affanni
2.1: (recitativo, c)
Bella s’hora che brilla
3.1: (aria, la minore, c)
Perdonate, ombre mie care
4.1: (arioso, la minore, 3/4)
Un amante, larva errante
5.1: (recitativo-arioso, c)
Cintia, oh ciel, tu dormi
6.1: Largo(aria, sol minore, c)
O tradita mia quiete
7.1: (aria, re minore, c)
Cara mia, perché non senti
8.1: (recitativo-arioso, c)
Destin, cavam’il core
9.1: (aria, la minore, c)
Nelle guancie del mio core

Trascrizione del testo poetico

Tutto pene, tutt’affanni
Quivi piango, o Cintia mia
E in pensier troppo tiranni
Gelo al gel di gelosia.

Ma vorrei haver più core
Per sentir più strali in petto,
M’uccidesse il mio dolore
Se son ombra del diletto.

Bella s’hora che brilla
Con [?]le lucenti
Un ciel tutt’oro così
Dolente e disperato senti
Un ch’a turbar ne viene i tuoi riposi
Incolpano i suoi sguardi
Incolpano il mio core
Se delirando esangue
Appresso quei ov’il mio cor consumi
Vien farfalla a morir ne’ tuoi bei lumi.

Perdonate, ombre mie care,
Un che vive disperato
A chi porta un cor piagato
Non si nieghi il sospirare.

Un amante, larva errante,
Per pietà vuol lagrimar
Son fenice d’una face,
Son chimera della pace,
Son un mort’allo sperar.

Cintia, oh ciel, tu dormi
Ed io mastin d’amor
Latr’alla luna
E con hoimè spietati
Così placar pretendo
Un ciel di beltà più astri irati
Infelice che son io non intendo
Ch’al fiato de’ sospir più foco accendo.

O tradita mia quiete,
Come pianger ti potrò
Per destin di due comete
Già morir o mai dovrò.

E mi convien per mia spietata sorte
Sia cambio di mia fe’ paga di morte.

Cara mia, perché non senti
A battute d’empietà
Su la cetra de’ tormenti
Quant’a un cor fe’ tua beltà.

Destin, cavam’il core
E se bear mi dei
Tronca lo stame a’ giorni miei
E fa’ che muoia
Che le vittime sol placano i dei
O fierezza, o sciagura
Se su la scena d’un piagato core
Vuol le tragedie sue il feritore.

Nelle guancie del mio core
Una rosa si svenò
E da quest’il cieco amore
Le sue fiamme imporporò.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Nc - Napoli - Biblioteca del Conservatorio Statale di Musica "San Pietro a Majella"
collocazione Cantate 42 [olim 34.6.2].4

Scheda a cura di Ivano Bettin
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