Scheda n. 6225

Tipo record

Scheda singola

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1760-1790

Titolo

La contesa de numi Cantata a’ sei voci con varii strom:ti da cantarsi in occasione della nascita del Real Delfino nel 1729 / Musica del Sig:r D. Leonardo Vinci

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Vinci, Leonardo (1690c-1730)
autore del testo per musica: Metastasio, Pietro (1698-1782)
possessore: Sigismondo, Giuseppe (1739-1826)
copista: Sigismondo, Giuseppe (1739-1826)

Pubblicazione

[Napoli : copia, 1761-1790]

Descrizione fisica

1 partitura (I,132,II c.) ; 230x300 mm

Filigrana

Non rilevata

Note

Il manoscritto apparteneva alla collezione di Giuseppe Sigismondo, giunta in biblioteca alla sua morte; la serenata, come attesta il frontespizio della partitura e il libretto dato alle stampe, fu eseguita nel 1729 a Roma, a Palazzo Altemps, su commissione del Cardinale Melchior de Polignac.

Titolo uniforme

Qual ira intempestiva. Serenata, La contesa de' numi

Organico

4 soprani, contralto, tenore, 2 flauti, 2 oboi, fagotto, 2 trombe, 2 corni, 2 violini, viola, timpani e continuo

Repertori bibliografici

Bibliografia

Descrizione analitica

1.1: (sinfonia, re maggiore, 3/4)
1.2: (sinfonia, re maggiore, c)
2.1: (recitativo, c)
Qual ira intempestiva
3.1: Andante(aria, re maggiore, c)
Oggi per me non sudi
4.1: (recitativo, c)
Cagion di nostre gare
5.1: Allegro(aria, si♭ maggiore, 2/2)
Se la cura è a me negata
6.1: (recitativo, c)
Sono ingrati anche i Numi. I doni miei
7.1: (aria, sol maggiore, 3/8)
Per me la greggia errante
8.1: (recitativo, c)
Come usurpi i miei pregi? E non ravvisi
9.1: Andante un po'(aria, fa maggiore, c)
Del mio scudo bellicoso
10.1: (recitativo, c)
Dopo la fortunata
11.1: Tempo giusto(aria, la maggiore, 3/4)
Con umil ciglio
12.1: (recitativo, c)
Se il Genitor felice
13.1: Allegro(aria, sol maggiore, 2/4)
Perché viva felice un regnante
14.1: (recitativo, c)
In così grande, oh Numi
15.1: Allegro(aria, re maggiore, 3/4)
Del giglio nascente
16.1: Minuè(sinfonia, re maggiore, 3/4)
16.2: Andante(sinfonia, re minore, 2/2)
17.1: (recitativo, c)
Alfin decidi. Ingiuriosi, oh Padre
18.1: (aria, do minore, 2/4)
Timida si scolora
19.1: (recitativo, c)
Ah del Real fanciullo
20.1: Allegro(aria, la maggiore, c)
Non meno risplende
21.1: (recitativo, c)
Ma perché sia felice
22.1: (aria, re maggiore, c)
Se vorrà fidarsi all'onde
23.1: (recitativo, c)
Necessaria ai monarchi
24.1: Andante(aria, si♭ maggiore, 2/2)
Non si vedrà sublime
25.1: (recitativo, c)
Quanto, oh Numi rivali
26.1: Allegro(aria, sol maggiore, 3/8)
Fra le memorie
27.1: (recitativo, c)
Abbastanza fin ora, o delle stelle
28.1: Un poco andante(aria, fa maggiore, c)
All'opre si volga
29.1: (recitativo, c)
Della mente di Giove
30.1: (aria, re maggiore, c)
Accompagni dalla cuna

Trascrizione del testo poetico

[Prima parte]

[Giove]
Qual ira intempestiva
V’infiamma oh Numi? E del tranquillo Olimpo
Turba il seren? L’arco, la spada e l’asta
Perché stringe sdegnoso
Marte, Apollo ed Astrea? Scomposta il crine
Perché cura non ha di sua bellezza
La Pace, de’ mortali amore e speme?
E la Fortuna avvezza
Sempre a scherzar, come or si lagna e geme?
Un’altra volta forse
Si fa guerra alle stelle?
Ed Inarime, e d’Etna,
Encelado e Tiseo scuotono il peso?
Forse il pomo conteso
Uscì di mano alla Discordia stolta
Su le mense celesti un’altra volta?
Taccia, qualunque sia,
La cagion degli sdegni. Udir non voglio
Voce, che non risuoni
D’applauso e di piacere, oggi quel giglio,
Che su le regie sponde
Già della Senna io di mia man piantai,
Che alla cura de’ fati
Sollecito commisi, e di cui tanto
Numi fra voi si ragionò nel cielo,
Di germoglio felice orna lo stelo.

Oggi per me non sudi
L’adusto fabro antico
Su le sicane incudi
I folgori a temprar.
E nella man di Giove
La tema de’ mortali
I fulmini fatali
Non vegga lampeggiar.

[Marte]
Cagion di nostre gare
È il germoglio real. [Astrea] Ciascun di noi
Ne pretende la cura? [Apollo] Esser degg’io
Per il gallico Achille
Il tessalo Chirone [Pace] Il grado illustre,
[Fortuna]
Di tanto onor la speme,
[Pace]
A me sola è dovuto [Fortuna] A me conviene
[Giove]
Degna è di voi la lite. Arbitro, oh Dei,
Giove istesso sarà. Ciascun di voi
Senza sdegno produca i merti suoi.
[Apollo]
A me del regio infante
Si contende a cura? A me, che trassi
Tutto l’aonio coro
Su le galliche sponde e mi scordai
Di Libetro e di Cinto
I placidi recessi? A me, che l’ombra
Dell’eliconio alloro
Posposi a quella de bei gigli d’oro?
Chi del regno felice
Le menti illuminò? Per opra mia
Su le moderne scene
I gallici coturni invidia Atene.
A’ cigni della Senna
Io le lire temprai. De’ chiari ingegni
Io regolai l’ardire, e loro apersi
Gli arcani di natura, il giro alterno
Delle mobili sfere, il sito, il moto,
La distanza degl’astri e quanto ascose
Nell’oscuro ai profani antico scritto
Il savio già misterioso Egitto.

Se la cura è a me negata
Della Pianta fortunata
Il cultor chi mai sarà?
O l’onor di tal contesa
Premio sia de miei sudori,
O per sempre a un tronco appena
La mia cetra tacerà.

[Pace]
Sono ingrati anche i Numi! I doni miei
Apollo non rammenti? Io ti composi
Il pacifico albergo. Ai franchi Regi,
Nell’ozio mio fecondo
Fu permessa la cura
Di richiamar dai più remoti lidi
Le bell’arti smarrite intorno al soglio.
Tu condottier ne fosti, io l’educai:
Crebbero nel mio seno e crebber tanto
Che l’animar le tele,
Donar spirito ai bronzi e vita ai marmi
E alla gallica industria umile impresa.
D’Aracne e di Minerva
I sudori emular, del pallid’oro
Le fila ubbidienti
Intrecciar cogli stami è picciol vanto
Delle franche donzelle. I fiumi istessi,
Ad onta di natura,
Appresero a salir per via sublime
Degli erti colli a rallegrar le cime.

Per me la greggia errante
Intesa a seguitar
La pastorella amante,
Del bellicoso acciar
Non teme lampi.
L’agricoltor sicuro
Per me non sa temer,
Che barbaro destier
Gli pasca i campi.

[Marte]
Come usurpi i miei pregi? E non ravvisi
Qual è s’io t’abbandono, il tuo periglio?
Che l’ozio tuo del mio sudore è figlio?
Io del Reale Infante
Agli avi armai la destra. I regni loro
Difesi, dilatai. Fu mia fatica
Dell’Africa il timore, onde sicuro
Colle sue merci in seno
Il legno passaggier solca il Tirreno.
Io portai del Giordano
Nell’onda vendicata
Più volte il Franco ad ammorzar la sete.
Io quei tesori, onde alimento avete,
Raccolsi, oh Muse, e non si lagni Apollo
Se tal volta importuno
Dell’armoniche corde il suono oppresse
Lo strepito dell’armi.
Pensi che l’armi istesse
Gli offersero materia a nuovi carmi.

Del mio scudo bellicoso
Sotto l’ombra assicurata
Ha la Pace il suo riposo,
Canta Apollo e scherza Amor.
Se d’allori e se di palme
La tua Gallia, oh Giove, onori
Quelle palme e quegli allori
Son cresciuti al mio sudor.

[Astrea]
Dopo la fortunata
Innocente dell’oro età primiera
Della terrestre sfera
Il soggiorno fuggendo al ciel volai.
Allor, Giove tu il sai,
Tiranni de’ mortali
Sì fero i sensi. Allor conobbe il mondo
La seconda di risse
Brama di posseder: l’avida tanto
E di sangue e di pianto
Inquieta Discordia, il pertinace
Odio nascosto, il violento sdegno
E l’altre Furie del tartareo regno.
Da tanti mali a liberar la terra
Degl’invitti Borboni
La stirpe intesa, al mio soggiorno antico
Mi richiamò, m’accolse,
Mi diè loco nel soglio e volle meco
Dividere i consigli,
Allevar col mio latte i regi figli.
Come crescan gli Eroi
Commessi al mio governo,
Giove, se vuoi saper, l’opre rimira
Del regnante Luigi e lo vedrai
Nell’aurora degli anni emulo agli avi.
Osserva e premi e pene
Col qual maturo senno egli divida:
Chiedi ai sudditi regni
Quanto è dolce il suo freno e chiedi al mondo
Dalla sua man pacifica o guerriera
Quant’ebbe, quanto gode e quanto spera.

Con umil ciglio
Da Giove implora
Esser del figlio
Nudrice ancora
Chi fu nudrice
Del Genitor.
Il germe altero
Da me nudrito
Del mondo intero,
Del soglio avito
Sarà il sostegno,
Sarà l’amor.

[Fortuna]
Se il Genitor felice
Tanto dalla tua mano Astrea riceve,
La bella Genitrice
Meno alla cura mia forse non deve.
Io dell’eccelsa donna
Esposi i pregi al gallico Monarca,
Onde questi ammirando
Le pellegrine doti
Del suo cor, del suo volto, il sangue illustre,
I reali costumi e le seguaci
Grazie e virtù che le facean corona,
Lei scelse ai regi affetti
Fra gli applausi de regni a lui soggetti.
Delle soglie reali
Di già più volte a penetrar l’ingresso
Da me Lucina apprese. A me promette
Di ritornar sovente
Del talamo fecondo
le piume a riveder. Se tanto io feci
Del pargoletto Alcide
Chiedo a ragion la cura. Ed io la chiedo
Che misero o contento
Posso rendere il mondo a mio talento.

Perché viva felice un Regnante
No, non basta che vanti la cuna
Circondata di regio splendor.
Se compagna non ha la Fortuna
La virtù senza premio si vede
E mercede non trova il valor.

[Giove]
In così grande, oh Numi,
Uguaglianza di merti incerto pende
Il giudizio di Giove. [Marte] E chi può dirsi
Eguale a Marte? [Fortuna] Alla Fortuna eguale
Chi mai dirsi potrà? [Apollo] Qual fra gli dei
Supera le mie glorie [Astrea/Pace] I doni miei?
[Fortuna]
Ah se scelta io non sono
Aprirò per vendetta alle sventura
Delle spelonche oscure,
Dove le imprigionai le ferree porte.
[Marte]
Porterò stragi e morte
Sui miseri mortali. Alle sanguigne
Portentose comete
Torbido lume accenderò. Discordi
Gl’astri farò, confonderò le sfere.
[Pace]
Di sudato piacere
Ministra non sarò ma d’ozio imbelle.
[Astrea]
Ad abitar le stelle
Sdegnato io tornerò [Apollo] L’arco e la lira
Fra i vortici di Lete
Infranti io getterò. [Giove] Non più. Tacete.
Dunque serve un mio dono,
Che pace è della terra
In tutto in cielo a seminar la guerra?
[Fortuna]
Troppo sublime è il prezzo
Della nostra contesa.
[Marte]
Dhe perché la gran lite è ancor sospesa?
[Giove]
Fin or mostraste, oh Dei,
Della stirpe sublime
Quanto opraste a favore. I merti vostri
Egualmente son grandi. Acciò la gara
Terminata rimanga esponga ogn’uno
Per qual via, con qual arte
Del pargoletto Eroe
La mente formerà. [Astrea] Sarà mia cura…
[Apollo]
Il mio studio sarà… [Giove] Troppo voi siete
Impazienti, oh Numi. I vostri affetti
A ricomporre, a meditar l’impresa
Spazio bisogna, io lo concedo. Intanto
Di lieti auguri ed armonia felice
Dell’Olimpo risuoni ogni pendice.

[Coro]
Del Giglio nascente
Le tenere frondi
Conservi, fecondi
La cura del ciel.
Ogn’astro ridente
Le frondi novelle
Difenda dai danni
Del caldo e del giel.
E il crescer degl’anni
Gli accresca beltà.
Né il candido fiore
Mai perda rigore,
Ma fin colle palme
Contrasti d’età.

[Seconda parte]

[Marte]
Alfin decidi. Ingiuriosi, oh Padre,
Mi sono i dubbi tuoi.
Chi mai non sa qual sia
La cura mia nell’educar l’Eroi?
Il Real pargoletto
Nelle mie scuole avvezzarò bambino
A trar placidi sonni
Sul duro scudo, a non smarrirsi al tuono
De’ cavi bronzi, a rallegrarsi ai fieri
Delle belliche trombe orridi carmi,
A calmare i vagiti al suon dell’armi.
Apprenderà fanciullo
Dell’elmo luminoso e dell’usbergo
A sostener l’incarco. A lui vegliando
Farò che l’asta e il brando
Sia materia a’ suoi scherzi, a lui nel sonno
Offriranno i pensieri
Eserciti, battaglie, armi e guerrieri.
Quindi l’adulto Eroe quasi per gioco
L’arti mie tratterrà. Sempre foriero
Sarò di sue vittorie e il grande arrivo
Or là, dove cadendo il Nil si frange,
Or su le sponde aspetterò del Gange.

Timida si scolora
Che nell’Eroe nascente
De regni suoi l’aurora
Prevede il domator.
Ed agghiacciar si sente
Tra l’infocate arene
Di Cirta e di Siene
L’ignudo abitator.

[Pac]
Ah del Real fanciullo
La placida quiete
Marte non turbi. Io gli farò d’intorno
Gli ulivi germogliar. Di questi all’ombra
Immergerà le labra
Nei fonti del saper. Potrà sicuro
Or su gli attici fogli, or sui latini
Le riposte cagioni
Delle cose spiar. Da qual sorgente
Diramino gli affetti, e qual distrugga,
Quali regni mantenga
Vizio o virtù, chi fabbricò, chi oppresse
Gl’imperi più temuti e qual destino
A servire, a regnar traesse seco
L’Assiro, il Medo, il Persiano, il Greco.
Onde poi su l’esempio
Di quei passati eventi,
Regolando i presenti,
Possa nel seno oscuro
De fati antiveder quasi il futuro.

Non meno risplende
Fra l’arti di pace
Che in altre vicende
La gloria d’un Re.
Sì nobil decoro
D’un soglio è l’ulivo
Che forse l’alloro
Del fiero Gradivo
Sì degno non è.

[Fortuna]
Ma perché sia felice
La prole generosa, al zelo mio
Commetterla conviene. Io su la cima
Della ruota volubile e incostante
Farò che il piè tremante
Dai primi giorni orme sicura imprima;
Che la tenera destra
Del mio crin fuggitivo
Bambina impari a trattener gli errori,
Onde ad opre maggiori,
Quando sarà fra pochi lustri intesa,
Sappia trarmi compagna in ogni impresa.

Se vorrà fidarsi all’onde
Chete intorno al regio pino
Io farò nel suo camino
Le procelle addormentar.
Se guidar l’armate schiere
Vuol per monti o per foreste
Io di quei la cime altere,
Io saprò l’orror di queste
Insegnarle a superar.

[Astrea]
Necessaria ai monarchi
È la scuola d’Astrea. S’apprende in questa
La difficile tanto
Arte del regno. Alla contesa cura
Se scelta io son del glorioso germe,
Sovra l’egual bilancia
Tenera ancor gli adatterò la mano
Onde mai non vacilli
Nel dubbio peso ed usurpar non possa
Il dominio di quella
L’odio o l’amor. Quindi pietoso agli altri,
Rigido con se stesso, al mondo intero
Farà goder nel vero,
Quanto fingendo arene
Simboleggiò nel favoloso Alcide.
Delle serpi omicide
Gli assalti insidiosi
Vincer saprò, benché vagisca in cuna.
Gli aliti velenosi
Dell’Idre rinascenti
Dissiearà, quando fia d’uopo. Ardito
Saprà da me nudrito
Gli omeri sottoporre
D’Atlante al peso, e con pietoso zelo
Assicurar dalle ruine il cielo.

Non si vedrà sublime
Chi l’innocenza opprime,
Non rapirà la colpa
Il premio alla virtù.
E il popolo guerriero,
Servendo al giusto impero,
Lieto sarà di questa
Felice servitù.

[Apollo]
Quanto, oh Numi rivali
Potreste uniti, io scompagnato e solo
Vaglio a compir. Non di bilancia o spada,
Non d’elmo o di lorica, o d’altro arnese
D’uopo non sia. Basta che in man tal ora
Io mi rechi la cetra e che m’ascolti
Cantar degli avi suoi
Il fanciullo Real l’inclite imprese.
Nei domestici esempi
Tutto apprender potrà. Qual mai di gloria
Stimolo ardente al generoso core
Dei Carli e degli Enrici
Saran le gesta, e le vestigia impresse
Nel sentier di virtù da Lui, che regge
Colà dal soglio ibero
In due mondi diviso il vasto impero?
Eguaglierà con l’opre
L’onor de gran natali il fortunato
Della pianta Real germe novello
Se l’Avo imita, e il Genitor di quello.
I gloriosi nomi io sempre intorno
Risuonar gli farò, ma più d’ogn’altro
Udrà con meraviglia,
Fra le tremule corde,
Replicar Ludovico il plettro mio
Ora il Grande, ora il Giusto ed ora il Pio.

Fra le memorie
Degli avi suoi
Questo sublime
Germe d’Eroi
Di bella invidia
S’accenderà.
E al par di quelli
Coi suoi trofei,
Per farsi oggetto
De’ carmi miei,
Alle vittorie
S’affretterà.

[Giove]
Abbastanza fin ora, o delle stelle
Felici abitatori,
Parlaste ed ascoltai. La dubbia lite
È tempo ormai che si decida. Udite.
Non v’è fra voi chi basti
Solo all’impresa. È necessaria, oh Numi,
La concordia di tutti. Avria da Marte
Il Real pargoletto
Scuola troppo feroce e diverrebbe
Languido in sen d’un oziosa pace,
Onde col Nume audace
La Dea nemica all’ire
Con tal arte alternar l’opra si vegga,
Che l’eccesso dell’un, l’altra corregga.
Assidua vegli al regio fianco unita
Con Astrea la Fortuna.
Ma di Fortuna i temerari voli
La prudenza raffreni
Della vigile Astrea. Varcar sicuro
Il mar potrà delle vicende umane,
Purché restino in cura,
(Sia calma o sia tempesta)
Le vele a quella, ed il governo a questa.
Stimolar la grand’alma
Degli avi illustri ad emular l’imprese
Basti il delfico Nume e vada intanto
Raccogliendo materia a nuovo canto.
Né rincresca ad alcuno
Il concorde sudor. Di questo a parte
Anche Giove sarà. Deve il Germoglio
Speme ed onor del glorioso stelo
Tutto occupar nella sua cura il cielo.

All’opre si volga
La schiera immortale.
Che lenta ravvolga
Lo stame reale
La Parca severa,
Mia cura sarà.
E il Germe che ai voti
Del mondo è concesso,
I tardi Nepoti
Scherzarsi d’appresso
Canuto vedrà.

[Pace]
Della mente di Giove
Degno è il decreto. [Astrea] Io non ricuso il freno
Della legge immortal. [Marte] Sudor nell’opra
Vorrebbe impaziente
Già la mia cura? [Apollo] Al fortunato suolo
[Fortuna] Al soggiorno Real [Apollo/Fortuna] Vadasi a volo.
[Giove]
Eccomi vostro duce.
Venite, oh Numi, e in avvenir lasciando
Marte il getico lido,
Febo Elicona, ogn’un l’Olimpo a tergo,
Sia la gallica reggia il nostro albergo.

[Coro]
Accompagni dalla cuna
Il Germoglio avventuroso
La Virtude, la Fortuna,
La Giustizia ed il Valor.
E d’onor, d’età cresciuto
In lui trovi il suo ripoto
La felice Genitrice,
Il temuto Genitor.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Nc - Napoli - Biblioteca del Conservatorio Statale di Musica "San Pietro a Majella"
collocazione Cantate 305 (=21.2.12)

Scheda a cura di Giulia Giovani
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