Scheda n. 4490

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1690-1700

Titolo

Il Nerone / Cantata à voce sola del sig:r / Alessandro Scarlatti

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Scarlatti, Alessandro (1660-1725)
possessore: Pamphilj, Benedetto (1653-1730; cardinale)

Fa parte di

Pubblicazione

Roma : copia, (1690-1700)

Descrizione fisica

C. 24-34v ; 200x265 mm

Filigrana

Non rilevata

Note

Altro titolo sulla prima pagina musicale: "Il Nerone / Cantata à voce sola Del sig.r Alessandro Scarlatti". Forse identica ad una cantata copiata nel 1694 per il cardinale Pietro Ottoboni ("Abbandonata e sola"). In un fascicolo di dimensioni più piccole rispetto a tutto il resto del volume.

Titolo uniforme

Abbandonato e solo. Cantata, Il Nerone

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Hanley 1963: pp. 86-87, n. 11

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, fa minore, c)
Abbandonato e solo
2.1: (aria, fa minore, c)
Quella morte, che per gioco
2.2: (aria, fa minore, c)
Teme forse, che se more
3.1: (recitativo, c)
Ma che miro? La morte al mio desio
4.1: (aria, do minore, c)
Vieni pur, vieni, sì, sì
4.2: (aria, do minore, c)
Già che scritto è in ciel così
5.1: (recitativo-arioso, c)
Ma no! merta Nerone
6.1: (aria, la♭ maggiore, c)
Contro l’armi dell’inganno
6.2: (aria, la♭ maggiore, c)
Per punir empio regnante
7.1: (recitativo, fa minore, c)
Così fremea Nerone e fu trafitto

Trascrizione del testo poetico

Abbandonato e solo
Dunque morrà Nerone?
Dov’è l’ardito stuolo
Delle mie colpe, dove?
L’armi alcuna non muove
Per si giusta cagione;
Forse avete in horrore
Di svenar figlie ingrate
Il vostro genitore.
A che dunque tardate,
Quando innocenti sol farvi potete,
Se Nerone uccidete?

Quella morte, che per gioco
Fu si pronta a un sol mio sguardo,
Hor che supplice l’invoco,
Per me sol non ha più dardo.

Teme forse, che se more
La cagion di tante morti,
Più le palme il suo furore
Di tant’alme non riporti.

Ma che miro? La morte al mio desio
Moltiplica le forme.
Oh come sete horribili in sembianza!
Venite [?] pur, ardite,
Larve di mia costanza,
Che se ben voi tacete,
Tra le ferite el sangue
Riconosco ben io
Le divise reali el volto esangue.
Poppea già m’incatena,
Mi trafigge Agrippina,
Già Seneca mi svena;
Sù, tre furie del cielo,
Sù, tre gratie d’Averno,
Squarciate il mortal velo
E per maggior suo scherno
Renda a Neron la morte
Il maestro, la madre e la consorte.

Vieni pur, vieni sì, sì,
Non paventa un’alma forte,
Scherza sempre con la morte,
Chi nel fallo si nutrì.

Già che scritto è in ciel così,
Scuota il fiato al mondo il giogo,
Ogni stella è face al rogo,
Che ad’un empio il fallo ordì.

Ma no! merta Nerone
Più sublime omicida!
Sfido Claudio a tenzone
Neron, Nerone uccida!
E se Neron non trova
Il quando ò il come,
Il suo pensier l’uccida
Ò l’ombra ò ‘l nome.

Contro l’armi dell’inganno
Si fa scudo l’innocenza all’empietà.
Ma si cangia in ferro ignudo
Per la morte d’un tiranno
Con il vanto di pietà.

Per punir empio regnante
Maggior pena sù nel cielo Astrea non ha.
Ogni passo è mia catena
E mi svena in ogni istante
La mia stessa crudeltà.

Così fremea Nerone e fu trafitto
Dalla morte non già, ma dal delitto.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

D-MÜs - Münster - Santini-Bibliothek (in D-MUp)
collocazione Sant.Hs.863.3

Scheda a cura di Berthold Over
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