Scheda n. 4129

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1689-1694

Titolo

[Il più tenero affetto]

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Stradella, Alessandro (1639-1682)
autore del testo per musica: Apolloni, Giovanni Filippo (ca. 1635-1688)

Fa parte di

[12 cantate] (n. 4128/1)

Pubblicazione

Roma : copia, (1689-1694)

Filigrana

Non rilevata

Note

La lettera iniziale è stata tagliata e sostituita poco dopo la stesura del manoscritto come dimostra la grafia coeva della musica nuovamente copiata sul dorso dell’iniziale. Il manoscritto non porta i nomi del poeta e del compositore.

Titolo uniforme

Organico

Contralto e continuo

Bibliografia

Descrizione analitica

1.1: (aria, mi minore, 3/2)
Il più tenero affetto
2.1: (recitativo, c)
Già di sirio cocente
3.1: (recitativo, c)
Sappi dunque, mio bene
4.1: (aria, sol minore, c)
Dura legge
5.1: (recitativo, c)
Così vuole
6.1: (aria, sol minore, c)
Dovrei, lumi beati
7.1: (recitativo, c)
Sì, sì, misero Idraspe
8.1: (aria, la minore, 3/4)
Oh’ Dio, che farò?
9.1: (recitativo, c)
Fra sì dubbi pensieri
10.1: (recitativo, c)
Ma vola il tempo e benché acerbo e grave

Trascrizione del testo poetico

Il più tenero affetto,
Che mai destasse Amore
In nobil petto
Di costante Amatore,
Questi à ciascun fuor che à tè sola ascosi
Mi detta idolo mio sensi amorosi.

Già di Sirio cocente
Fugge Apollo i latrati
E con tepidi fiati
Più soavi respiri il ciel consente.
Ma la cruda mia sorte
Vuol, che queste vicende
Porghino altrui la vita, a me la morte.

Sappi dunque, mio bene,
Che partir mi conviene,
Pochi giri di sole
Restano a me di vita,
Se vita si può dire
Il pensare a partire anzi a morire.
Partirò.

Dura legge,
Benché sia di natura, a ciò m’induce,
Senza l’amata luce
Proveran gl’occhi miei continua sera,
Breve sì, ma severa fia la stanza
Per me nel patrio albergo,
E pria, ch’a te ritorni,
Anni, l’ore, saran secoli i giorni.
Partirò.

Così vuole
Il mio fato, il mio sangue,
E benché io resti esangue
Di gelosi pensieri onusto ed ebro,
Volgo all’Arbia le piante, il core al Tebro.
Non lascio omai le piume,
Ne mai veggio lucente
Nascer dall’oriente il Rè del lume,
Ch’io non pensi a quell’Alba,
Che porta a gl’occhi miei si lunga notte,
La mia quiete, i miei sonni
Son vigilie interrotte,
Procellosa tempesta
Prova l’anima mia pensando solo,
A chi parte, a chi resta, e solca intanto
Golfi di gelosia, flutti di pianto.

Dovrei, lumi beati,
Più continuo mirarvi,
Dovrei, labbri adorati,
Più frequente ascoltarvi,
Ma poiché delle stelle
Obbedir mi conviene,
A gl’influssi protervi
Meglio fia, che per tempo
Avvezzi queste luci a non vedervi.

Sì, sì, misero Idraspe,
Impara a poco a poco
A star lungi dal foco,
Et arder sempre
Forma di salde tempre
All’Alma tua l’Usbergo e pensa homai
Come viver potrai
Lontan da questo suolo
Povero d’ogni ben, ricco di duolo.

Oh’ Dio, che farò?
Mi dice la spene,
Che Dori il mio bene
Costanza giurò.
Ma ria Gelosia
All’Anima mia
Soggiunge di nò.
O ciel, che sarà?
Il cor, che delira
A torto sospira/si duole
Di tua fedeltà.
Ma intorno al mio sole
Qualch’ombra s’aggira,
Che morte mi dà.

Fra sì dubbi pensieri
Consumerò languendo
Nelle selve d’Etruria i giorni, e l’ore.
Guidato dal dolore
Per quegl’ermi sentieri
Passerò la mia vita
Senz’altra compagnia,
Che la memoria tua Dori gradita.
Studierò per quei Boschi
Filosofo d’amore
Le cagioni e gl’affetti
Del gelo e dell’ardore,
Speculerò la forza
Di quel genio fatal, che l’Alma uccide?
Tu sola in quel soggiorno
Ad’ogni linea mia centro sarai,
Ma non sò, s’al ritorno
Ritrovar ti potrò, qual ti lasciai.
Ripensarò sovente
Alle noie, che porto,
Alle gioie, che lascio,
Stringerò in un sol fascio
La mestitia, il contento,
Le speranze e i timori,
I miei felici, i miei gelosi Amori.
L’Acque, le Belve, i venti
Farò de miei pensieri
Messaggieri frequenti?
S’avvien ch’aura vagante
D’intorno a te s’aggiri,
Saranno i miei sospiri,
Il mormorio dell’onda
Ti narrerà il dolor, ch’in sen m’abbonda,
De gl’augelli i concenti
Diranno i miei lamenti,
E se tal’ora di vedermi hai desio,
L’ombra, che segue te, quella son io.

Ma vola il tempo e benché acerbo e grave
Riesca al labro mio
Di proferir partendo il tuo bel nome,
Studio per dirti a dio,
Ma non sò come?
O quale al mio partire
Di ribellanti affetti
Battaglia in me si serra,
Che mi sconvolge e tace!
Io parto in guerra e tu rimanti in pace.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

GB-Lbl - London - British Library
collocazione Add.24311.1

Scheda a cura di Berthold Over
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