Scheda n. 2329

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data certa, 1713

Titolo

Apelle, che nel far il Ritratto / di Campaspe s’innamora / Cantata à 2. Soprano, e Contralto. / Con VV., e Viola. / Del Sig.r Antonio Pollaroli.

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Pollarolo, Antonio (1676-1746)
autore del testo per musica: Ottoboni, Antonio (1646-1720)

Pubblicazione

Roma : copia di Tarquino Lanciani, 1713

Descrizione fisica

1 partitura

Filigrana

Non rilevata

Note

In una raccolta di cantate su testi di Antonio Ottoboni compilata nel 1713.

Titolo uniforme

Campaspe, il mio sovrano. Cantata, Apelle, che nel far il ritratto di Campaspe s'innamora

Organico

Soprano, contralto, 2 violini, viola e continuo

Descrizione analitica

1.1: Presto(sinfonia, do maggiore, 3/4)
1.2: Largo(sinfonia, la minore, 3/4)
1.3: Presto(sinfonia, do maggiore, 2/4)
2.1: (recitativo, do maggiore, c)
Campaspe, il mio sovrano
3.1: Andante e staccato(aria, re maggiore, c)
Fortunati miei Penelli
4.1: (recitativo, c)
Hor m'inoltro a formar l'arco del ciglio
5.1: Andante e affettuoso(duetto, si♭ maggiore, 12/8)
Vengo col core a tè
6.1: (recitativo, c)
Ah', che sempre ha presente
7.1: (aria, sol minore, c/)
Questo, che vien dal cor
8.1: (recitativo, c)
Ma tu ti fermi estatico e tremante
9.1: Andante(aria, la minore, 3/4)
Segui pur nel volto mio
10.1: (recitativo, c)
A voi, lumi amorosi
11.1: Allegro(aria, fa maggiore, 6/8)
Occhi belli, la mano tremante
12.1: (recitativo, c)
Già la guancia di Rose
13.1: Allegro(aria, sol maggiore, c)
Se l'affetto ha d'un Regnante
14.1: (recitativo, c)
Al tuo saggio pensier pur troppo è vero
15.1: Allegro assai(duetto, la maggiore, 3/8)
Se m'amerai tacendo
16.1: (recitativo, re maggiore, c)
Et al fine uniran propitie stelle

Trascrizione del testo poetico

Apelle: Campaspe, il mio sovrano,
Suddito del tuo ciglio, a te m’invia.
Ei vuol, che la mia mano
Tragga dal tuo bel volto una bugia.
Mà d’uguagliar dispero
Di sì rara Beltà col finto il vero.
Campaspe: Apelle, a i cui colori
Cede l’Iride in ciel, Flora nel Prato
De Reali favori
Il più sublime è questo et il più grato.
Del mio Amor fortunato
Preggio simil non videro le stelle,
M’ama Alessandro e mi dipinge Apelle.
Apel.: Dunque t’assidi, ò Bella, al fianco mio;
Ecco all’opra m’accingo, e siedo anch’io.

Fortunati miei Penelli,
Dipingete quel crin biondo,
Che del mondo
Legar puote il domator.
Voi con fulgido portento
Sopr’un Margine d’Argento
Scorrer fate un fiume d’or.

Hor m’inoltro a formar l’arco del ciglio
E cimento quest’alma a gran periglio.
Prepara, ò bella, il più amoroso sguardo,
Credimi il tuo Alessandro e scocca il Dardo.

Camp.: Vengo col core à tè,
Ò mio Nume, ò mio Rè,
Che gioia io sento?
Apel.: Che pena io sento?
Camp.: Ò che dolce pensiero!
Apel.: Ò che tormento!

Camp.: Ah’, che sempre ha presente
L’Idolo suo l’innamorata mente.

Apel.: Questo, che vien dal cor,
Sospiro adorator
Pingi, se puoi.
E a questo sguardo acceso
Dian la sua forza e il peso
I color tuoi.

[Camp.:] Ma tu ti fermi estatico e tremante
Fisso mi guardi e cade
Il famoso Penello alle mie piante?
Apelle, e qual t’invade
O deliquio o stupor? Pallido esangue
Perdè il moto la man, la faccia il sangue?
Apel.: Ah, Campaspe, Campaspe, Apelle è morto.
Quel tuo sguardo omicida,
Ch’Alessandro atterrò,
Forz’è, ch’Apelle uccida,
Perché sperar non può
Da trop’alta beltà qualche conforto.
Ah, Campaspe, Campaspe, Apelle è morto.
Camp.: Nò, che morir non dei,
Che non son per dar morte ad’huom si grande,
Guardi di Basilisco i guardi miei.
Trà l’opre memorande
Del volto mio dica la fama: Un raggio
Abbagliò de suoi lumi un forte, un saggio.
Nato l’uno a i stupor, l’altro al comando,
Primo l’un nel Pennel, l’altro nel Brando.

Segui pur nel volto mio
La natura ad’emular.
Che siam pari nel desio,
Tu d’amarmi et io d’amar.

Apel.: A voi, lumi amorosi
Dunque rivolgo incoragito il guardo.
Già che siete pietosi,
Più mite ritrarrò la fiamma, ond’ardo;
E nel mio duol contento
M’ucciderà il piacer, non il tormento.

Occhi belli, la mano tremante
Vi figura con fiacco splendor.
Ma più al vivo nell’anima amante
Vi scolpisce lo strale d’amor.

Già la guancia di Rose,
Il Collo d’alabastro
Il sen di neve il mio Pennel compose.
Già la Tela superba
Per la celeste Immago
Vuol garreggiar col tuo sembiante vago.
Camp.: Del Macedone il Voto
Della gara gentil giudice sia;
Tu nell’amarmi immoto
Serba intanto nel sen l’immagin mia
E credi, ch’un bel viso
Tien per diversi oggetti il cor diviso.

Se l’affetto ha d’un Regnante
Ama il fasto più ch’il Rè.
Ma se poi, com’è il costume,
Langue ò cessa il Reggio lume,
Si ripiglia un pari amante,
Come un dì sarà di tè.

Apel.: Al tuo saggio pensier pur troppo è vero
Perché quel d’Alessandro è un cor guerriero;
Et è follia di favoloso Carte
La rete vergognosa,
Ch’alle risa de Numi espose un Marte.

Camp.: Se m’amerai tacendo,
Costante io t’amerò.
Apel.: Ti seguirò languendo,
Ma fido ti sarò.
Camp.: Dunque soffrendo spera,
Ch’Amor ci assisterà.
Camp./Apel.: Doppo una lunga sera
Quel giorno spunterà,
Ch’al sen ti stringerò.

Camp./Apel.: Et al fine uniran propitie stelle
Alla bella Campaspe il fido Apelle.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

GB-Lbl - London - British Library
collocazione Loan 91.11.3

Scheda a cura di Berthold Over
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