Scheda n. 1436

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data certa, 1694

Titolo

La stravaganza / Del Sig:r Gioseppe Corsi Celano.

Presentazione

Non applicabile

Legami a persone

possessore: Ottoboni, Pietro (1667-1740)

Fa parte di

Pubblicazione

[Roma : copia di Francesco Lanciani, 1694]

Filigrana

Non rilevata

Note

Il manoscritto proviene probabilmente dalla biblioteca musicale del Cardinale Pietro Ottoboni. La cantata è stata copiata per il cardinale nel 1694.

Titolo uniforme

Era la notte e lo stellato cielo. Cantata, La stravaganza

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Tribuzio 2014: n. 60, p. 181

Descrizione analitica

1.1: (recitativo-arioso, si maggiore, c)
Era la notte e lo stellato cielo
2.1: (recitativo-arioso, c)
Assorda il tutto col rumor de tuoni
3.1: (recitativo-arioso, c)
Cada il pino a l'abete al tuo furore
4.1: (recitativo-arioso, c)
Rassembri l’aria un tempesto Egeo
5.1: (recitativo-arioso, c)
Non più crollar, nò, nò, squarcia il tuo seno
6.1: (recitativo-arioso, si minore, c)
Horridi mostri

Trascrizione del testo poetico

Era la notte e lo stellato cielo
Havea di nubi ricoperto un velo,
Che squarciarsi parea per dar l’uscita
A l’infocati lampi al tuon l’udita.
Quando i venti tra lor facean a gara
A sveller piante a far crollar le torri
E nel campo dell’aria un mar parea,
Che ad hor volea
Dentro il suo seno seppelire un mondo,
Quel, che nel mare impera
Mandava l’onde a guerreggiar coi monti,
E la madre comun, la stabil terra,
Vista sì cruda inesorabil guerra
Atterrita e dolente
Con tremito sì forte
Aggiungeva il pallore anco alla morte.
Ma dal strale d’amor ferito un core
Nulla stima o paventa
E da pazzo furore
Agitato minaccia e si lamenta:
Cielo, fa pur, che vuoi,
Che contrastar vogl’io i sdegni tuoi!

Capriciosa è l’arroganza,
Che mi spinge a tanta altezza,
E di vincer ho certezza
Sol con l’armi di costanza.

Assorda il tutto col rumor de tuoni,
Fulmina le saette a mille a mille,
Ma vedrai con dispetto,
Che non teme del cielo amante un petto.
Misero, e che vaneggio,
S’io vò di male in peggio?
A che prò tanto valore,
Se mi vince un fanciullo, abbatte amore?

Cada il Pino e l’abete al tuo furore,
I superbi edifici, alti Colossi
Veggansi infranti in mille pezzi al suolo.

Furibondo o vento irato
Urta il tutto, il tutto atterra,
Ti respinge e ti rinserra
Un sospir d’un disperato.

Accresci al suo furor nuovo furore,
Che vedrai con rossore
Per tuo maggior dispetto
Sprezzar l’impeti tuoi amante un petto.
Misero, e che vaneggio,
S’io vò di male in peggio?
À che prò tanto valore,
Se mi vince un fanciullo, abbatte amore?

Rassembri l’aria un tempesto Egeo
E con l’acqua del mar facciano à gara
Ed il muto vivente
Et il pesce à trovar nel cielo affisso
Sia cadavere il mondo e tomba l’acque.
Mà che prò, se sarà poco,
Ch’il mio foco
Entro l’acque arder saprà.
Tutto quel, che accese amore
In un core
Solo amor smorzar saprà.
Fate pur ciò che potete,
Che vedrete con dispetto,
Che non teme dell’acque amante un Petto.
Misero, e che vaneggio,
S’io vò di male in peggio?
À che prò tanto valore,
Se mi vince un fanciullo abbatte amore?

Non più crollar, nò, nò, squarcia il tuo seno,
Apri le tue voraginose bocche
E divora per cibo i Regni intieri,
Aspira al vanto d’ingoiare il tutto,
Sprigiona il foco, che nel centro ascondi,
Vibra nel cielo la tua fiamma ultrice
E tu, terra, di te fatti vittrice!
Mà vedrai con dispetto,
Che ha di te maggior foco amante un Petto.
Misero, e che vaneggio,
S’io vò di male in peggio?
À che prò tanto valore,
Se mi vince un fanciullo abbatte amore?

Horridi mostri
Da fieri chiostri,
Dal più interno
Dell’inferno,
Uscite, venite
À riveder la luce,
Vostro Duce
Il mio furor sarà.
E vedrà la terra, il mare e il cielo,
Quanto è potente il mio sdegnato telo.
S’intimi la guerra,
S’abbatta, s’atterra
Del ciel l’arroganza
E nostra guida sia la stravaganza.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

GB-Cfm - Cambridge - Fitzwilliam Museum Dept of Manuscripts and Printed Books
collocazione MU.MS.655.4

Scheda a cura di Berthold Over
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