Scheda n. 8563

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1641-1660

Titolo

Del s.r Giacomo Carissimi | Dialogo di Tirsi e Filli

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Carissimi, Giacomo (1605-1674)
autore del testo per musica: Benigni, Domenico (1596-1653)

Fa parte di

Pubblicazione

[Roma : copia, 1641-1660]

Descrizione fisica

C. 35v-41v (olim: p. 74-86) ; 97x270 mm

Filigrana

Non rilevata

Note

Titolo dall’incipit testuale. All’interno del testo un celebre verso di Dante (Inferno, V, 103). Per il luogo di copiatura v. Repertori. Per l’attribuzione del testo a Benigni cfr. Bibliografia.

Titolo uniforme

Organico

2 soprani e continuo

Repertori bibliografici

URFM: Carissimi, Giacomo: Dialogo di Tirsi e Filli

Bibliografia

Descrizione analitica

1.1: (aria, do minore, c-3)
[Tirsi/Filli], Chi fugge d'amor gl'affanni
2.1: (recitativo, c)
Tirsi, A chi misero core
3.1: (aria, do minore, 3/2)
Tirsi, L'empia Dea che sempre instabile
4.1: (recitativo, c)
Tirsi, Piovano a' danni miei
5.1: (recitativo, c)
Filli, Non più querelle, o Tirsi
6.1: (aria, do minore, 3/2)
Filli, Tra i sospiri a un fido amante
7.1: (aria, do minore, c)
[Tirsi/Filli], Star ardendo in vivo foco

Trascrizione del testo poetico

Chi fugge d’amor gl’affanni
E morte piangendo chiama
Se non gode de’ suoi danni,
Non ha core o che non ama.
Chi segue d’amor lo strale
Penando non si lamenti
Se fedele è nei tormenti,
Muta in gioia ogni suo male.

A chi misero more
In man de suoi tormenti,
Fido servo d’amore,
Perché negare ohimè pietosa aita?
Pria ch’io perda la vita,
Prima ch’io venga meno
Scaldi Filli il suo seno
Della face d’amor un lampo solo
Il mio affanno, il mio duolo.
Il tormento, il martire
Son pur lingue innocenti
Che domandan pietà del mio morire.
A la pura mia fede,
All’acceso mio foco
Non vi nieghi mercede
Chi domanda pietà domanda poco.

L’empia Dea che sempre instabile
Volge intorno errando il piè
Ahi che per me è già fatta invariabile
S’amante misero sempr’ho da piangere.
La mia vita, il mio bene
Mi radoppian le pene.

Piovano a’ danni miei da’l ciel d’amore
E tormenti e rigore.
Nel mio lungo martire
Se non seppi goder saprò mai morire?

Non più querelle, o Tirsi,
Frena i sospiri
Ne’ tuoi lunghi martiri;
Più non senta il mio cuor dirsi crudele
Se sempre di piant’aspersi
Portar su’l volto i lumi
E con torbidi fiumi
Far palese d’un sen l’aspro dolore
E viltà di chi adora e non d’amore.
Empia stella severa
Già non mi pose in seno
Alma cruda di fera
A celar non mi diede un cor di sasso.
Se del mio volto un sguardo
Seppe destar già nel tuo petto il foco
Con infocato dardo
Amor che a nulla amato amar perdona
Sento ch’a poco a poco
Nel mio lacero sen saetta e tuona.

Tra i sospiri a un fido amante
Non mostrar ferito il core
Simular volto e sembiante
È pietade e non rigore.
Dhe non più l’anima
Si sciolga in lagrime
A pensieri di morte
Fredda mandi timore
Più non apra le porte.
Habbia intrepido core
Che vuol essere amante
Chi desia di morir non è constante.

Star ardendo in vivo foco
Non curar pianti e sospiri
Soffrir lieto i suoi martiri
In amor è sempre poco.
Tra fiamm’e cattene
Son dolci le pene
L’affanno è mercede
A chi servo è d’amor basta la fede.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rc - Roma - Biblioteca Casanatense
fondo Baini
collocazione Ms. 2490.20

Scheda a cura di Ivano Bettin
Ultima modifica: