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Titolo uniforme
Bibliografia
Trascrizione del testo poetico
Dal suol natio sposa real divelle,
Ciò che più d’adorato april compose,
Messe di gigli, che cangiati in rose,
E traspiantati in ciel, spuntaro stelle.
Accrebbe all’Etra un firmamento intiero
Con quell’ampio di lumi aureo drappello
E di luce e candor misto novello,
Vi radoppiò di latte anco il sentiero.
A terreno Imeneo, cui non intese
Quel saggio cor le faci in sangue estinse,
A quello poi, ch’al suo fattor l’avvinse
Di fede invece un globo d’astri accese.
Et appena lassù pudiche affisse
Le sue facelle il luminoso coro,
Ch’ogn’astro reo s’ascose e spenti foro
Tutti i furti di Giove in un ecclisse.
E spero l’impudico al nuovo lampo
Che si puro occupò l’eterea rocca,
Dal terzo giro attonito trabocca
Esule in Cipro a mendicar lo scampo.
Venne prescritto a Cinthia o che sudasse
Ad emendar le macchie a la sua fronte,
O che bramando di sottrarsi all’onte,
Di Latmo a gl’antri in bando eterno andasse.
Ignoti risi a sua pupilla rea
Pur insegnò l’assorbitor de’ figli
E deposti gradivo aspri consigli,
Umiliò Megera a Pasitea.
Ogni Orione e Pleiade crinita
Fu forzata a smorzar fomiti d’ira;
Da che si bella sfera in Ciel si gira,
Influsso non uscì se non di vita.
E se talor di rimirare accade,
(Qual in notturno orror) stelle cadenti,
Ai prieghi allor de’ supplici clienti
Da quell’orbe in aita un Astro cade.
Spera mortale e se mai sempre errante
Nell’ocean de’ mali ondeggi absorto,
Mira, che i flutti affrena e addita il porto,
Dal suo polo stellato Orsa regnante.
Paese
Lingua
Segnatura
collocazione 204.3.B.12.52
Scheda a cura di Nadia Amendola