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Bibliografia
Trascrizione del testo poetico
Di bel nettare Ascreo
Sparso di mia faretra un dardo alato;
S’alzò morte il trofeo;
Dove mi chiama a saettare il Fato?
Inno chiaro e festoso
Oggi non chiegga il vanto;
Armi la cetra mia plettro doglioso:
Torbida onda di pianto
Tempri nel duol l’aspre saette al canto.
Già PEYRESIO in te cura
Morte volar fe’ del suo stral le piume:
Già di pietate inuda
L’ombre portò del tuo splendore al lume.
O come allor virtute,
Sotto aureo scuro e forte,
Svolger tentò l’empie quadrella acute.
Ma chi sostien di morte
Irata i colpi, o svolge in Ciel la sorte?
Cadesti, è ver, ma quale
Per lo Ciel portentosa orrida face
Spiegò chioma letale
E funesta vibrò fiamma vorace?
Tra cieche nubi involto
E da qual parte, o Cielo,
Tonasti allor tinto di sdegno il volto?
Da lo squarciato velo
Dove a ferir gio di tua destra il telo?
E pure allor tremante
Virtù mesta si scosse al tuo languire
E del tempo volante
Timida al tuo cader paventò l’ire:
Allor che freddo il ciglio
Pieno di morte, ai lampi
Del Ciel chiudesti; con fatal periglio
Agli Eliconij campi
Un sol sparì, cui par non fia, ch’avvampi.
Belle Dive canore
Altro per voi sciolga Pegaso il volo
E di doglioso umore
Apra novo Ippocrene al vostro duolo:
De l’Argivo permesso
Il più famoso alloro
Oggi le glorie sue cede al cipresso:
Al bel virgineo coro
Ah che morte ha rapito ogni tesoro.
Et a qual aure aprite
Voi più Galliche prore i bianchi lini?
Industriose, ardite
Quai cercate del mare ermi confini?
Le maraviglie e l’opre
A chi più di natura
Curiosa vaghezza a l’aura scopre?
Antica etate oscura
A chi svela suoi fasti e a qual cura?
Ma dove il duol mi tira
A segnar l’orme per sentier sì strano?
L’arco de la mia lira
Rieda pure a ferir segno romano,
Nube di gloria ardente,
Più che d’umor feconda
Versa mesta dal sen pioggia dolente.
Per te, PEYRESIO e l’onda
Di lagrimoso duol veste ogni sponda.
Perche splende tuo nome
Di queste onde a formare altri si pigli
Chiaro fregio a tue chiome
E degli anni al furor tronchi gli artigli,
Nome, ch’in Elicona
Ha in guardia Euterpe, o Clio,
Di sempiterna ambrosia il Ciel corona,
Stilla d’Aonio rio
Trionfante non teme onde d’oblio.
Se contesta di rime
A bel sudor, d’accesa voglia altera,
Erge mole sublime
Di cigni armoniosi inclita schiera;
Di Nembi e di tempeste
S’armi Aquilone in guerra
E lieve il tempo ogni sua fuga appreste;
A chi suoi rai disserra
Degl’inni amico il sol, non va sotterra.
A bell’oprar rivolti
Quanti già di sudor l’orme bagnato,
Ch’in lunga notte avvolti
Preme, degni di pianto, il Fato avaro;
Solo, perché maligno
Raggio di Ciel non diede
Loro, sacro qua giù Castalio Cigno,
Virtù, ch’aurea mercede
Non trova in Pindo, egra languisce e cede.
Con gloriosi carmi
Degli anni a debellar schiera sì tetra
E ben raggion, che s’armi
Per te chiara d’Italia oggi ogni cetra;
Che sui campi fioriti
De la toscana Alfea
De tuoi grandi avi i primi fonti additi
E qual di fronda Elea
Renda i fregi al tuo nome aura febea.
Paese
Lingua
Segnatura
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.19
Scheda a cura di Nadia Amendola