Scheda n. 6565

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1674

Titolo

Lo stoico vacillante

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Monesio, Pietro Giovanni (?-1684)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

Parte prima, p. 34-38

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

De la stoica virtù novo seguace. Forma non specificata

Trascrizione del testo poetico

De la stoica virtù novo seguace,
Ribelle a quel desio,
Che con stimolo audace
Move a prevaricar gli umani affetti
Ne’ terreni diletti,
Ammaestrato avea l’umil pensiero
Di se stesso a l’impero;
Ond’ei goduto avrebbe
In una solitudine remota
Quella felicità, che a pochi è nota;
Ma de’ casi accaduti
La memoria recente,
Ne’ mondani rifiuti
Vacillante rendea sua dubbia mente;
Scorgendo al fin da rimembranza insana
Amareggiati in parte i suoi contenti,
Queste a l’aure spiegò note prudenti.

Perch’io tragga i dì beati
Filosofica ragione
Saggiamente il freno impone
A desiri smoderati.

Mentr’io tengo il senso oppresso
Entro limiti severi;
Mentre impero a miei voleri
Rege io sono di me stesso.

Ma se dal mio pensiero
D’ogni evento primiero
La ricordanza esiliar non lice,
Ne la felicità vivo infelice.

Che giova a me che l’immortal regina
D’ogni arte e disciplina,
Moderatrice de l’umana vita,
Con precetti sagaci
M’insegni a gastigar la turba ardita
De’ sensi contumaci,
Se la fiera baldanza
D’assidua rimembranza,
Che move al mio pensier dura battaglia,
Non ho per raffrenar virtù, che vaglia?

Rio destin, ch’ogniora più
Contro me s’incrudelì
Vuol che spenda interi i dì
Nel pensare a quel che fu;
E mentr’io non ho virtù
Di bandir la rea memoria,
Che si gloria
Esser de le mie gioie involatrice,
Ne la felicità vivo infelice.

Non curo io già, che Assiria destra intessa
Con vigilia indefessa
Serico aprile ad infiorarmi il manto;
Ne mi glorio o mi vanto
Di straniere vivande empier le mense,
E che nel vetro inondi oro cretense;
Quindi nulla stim’io stancar le piume
Co’ i più lunghi riposi,
Finché dona co’ raggi luminosi
Fulgida vita al giorno il biondo Nume;
Poiché rassembra a me disastro lieve
Manto vil, parco cibo e sonno breve;
Che per viver beato
Gli agi detesto ed aborrisco i lussi,
Che il mondo depravato
Con superba follia più sempre inventa;
È di se stessa la virtù contenta.

Ma quale ostento
Vano contento,
Se turba in tanto
Mia cara pace
Memoria audace
E si da vanto
Bagnar miei lumi
Con larghi fiumi
D’amaro pianto?
Taci lingua proterva e mentitrice;
Ne la felicità vivo infelice.

Tu memoria severa
Più d’ogni mio dolore,
Che de l’Aonie Suore
Sei genitrice altera;
Sei quel vorace augel, che crudo ogniora
A me, Tizio novello, il cor divora.
E mentre in meditar l’opre trascorse
Tu vuoi sempre, ch’io tragga i dì penosi,
La carnefice sei de’ miei riposi.

Tu in teatro lusinghiero
I passati e scorsi eventi
Rappresenti
Vivi sempre al mio pensiero;
Che poi recando a me strane rovine,
Hanno l’opere tue tragico fine.

S’io, quale Orfeo, non da mortali escluso
Giugner potessi a la Tartarea sponda,
Dove con suon confuso
Mormora del’Oblio la torbid’onda,
Per abolir tal rimembranza rea
Tutta assorbir vorrei l’onda Letea;
Ma al pensiero inquieto
Altri, più amico aiuto
Porger non può, che il volator canuto;
Poiché quel cor, che la memoria offende
Dal Tempio sol vero rimedio attende.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
collocazione ARCA VII 24.11

Scheda a cura di Nadia Amendola
Ultima modifica: