Tipo record
Tipo documento
Data
Titolo
Presentazione
Legami a persone
Redazione
Descrizione fisica
Filigrana
Note
La cantata era parte della raccolta di Cantate a voce sola di Soprano Tomo I appartenuta a Giuseppe Sigismondo, acquisita dalla biblioteca alla sua morte; sulle carte della cantata vi è l’antica cartulazione 69-72.
Titolo uniforme
Organico
Repertori bibliografici
Bibliografia
Descrizione analitica
Filli a freggiar di tua bellezza il velo
Più vi miro e più ferite
In un campo di rose
Prende Amor dalla tua bocca
La gola d'alabastro
Se mortale oh Dea tu sei
Trascrizione del testo poetico
Filli a freggiar di tua bellezza il velo
Pellegrine sembianze
Scelse natura e ti concesse il cielo,
Su la vaga tua fronte
Scherza il vago crin d’oro. Del bel regno
D’Amor, caro tesoro,
L’archi brevi e distesi
Delle ciglia amorose, Iridi belle
Apportan pace al seno
Serbando stabilmente un bel sereno.
Sotto d’esse s’ammira
Un gemino orlente
Che divide in due soli un sol splendente
E in sé del ciel dell’alba e delle stelle
Tutte ha le parti innamorate e belle.
Occhi dell’alme amanti,
Aperte progionie,
Occhi lumi stellanti,
Occhi de l’alma mia, luci gradite,
Che tramandaste al cor dolci ferite.
Più vi miro e più ferite,
Date al core luci belle;
Mi bruciate e incenerite
Di pietà sempre rubelle.
In un campo di rose
Giunge il Cupido guardo,
Ove l’ostro e ’l candore
Ch’ivi s’ammira tanto
Contendon di bellezza il pregio e ’l vanto,
E qui nel tuo bel volto
Veggio con pace ignota,
Veggio in mezzo alla neve il foco accolto
Se con tue guancia intatte
Sembra vil paragon porpora e latte;
D’animati rubini
Son le labra vezzose,
Di perle i denti che natura pose
Nella conca vital della tua bocca,
Reggia d’Amor, di porpora adornata,
Fonte d’ogni piacer, uscio del riso,
Albergo delle grazie et odorosa
Qual sembra sul mattin vermiglia rosa.
Prende Amor dalla tua bocca
Quelli strali che poi scocca
Ad ogn’alma e a questo cor,
E più ardenti le sue faci
Rende ogn’or ne’ rai vivaci
Stelle ornate di splendor.
La gola d’alabastro
Si preggia e insuperbisce
Del suo leggiadro pondo e par che dica
Del Ciel di sì bel viso almo e stellante
Sola son io, il fortunato Atlante,
Indi per via di neve
Nel vago sen si scende
E fra scogli di latte
Ch’aura vital sol regge,
In ero di beltade
Il cor s’immerge, in fin beltà sì rara.
Oh che spirito a’ senti,
Oh che moto alle membra imparta e dia
Tutte e gratia, vaghezza e leggiadria.
Se mortale oh Dea tu sei
Dir nol so, ma all’occhi miei
Dea tu sei che m’innamori.
Se mirando il bel candore
Vagheggiando il tuo splendore
L’alme allevi e impiaghi i cori.
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Segnatura
collocazione Cantate 104 (=34.4.14)
Scheda a cura di Giulia Giovani