Scheda n. 5315

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1680-1690

Titolo

L’Armida / Del S.r Stradella

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Stradella, Alessandro (1639-1682)

Fa parte di

Pubblicazione

[Roma : copia, 1680-1690]

Filigrana

Non rilevata

Note

Questa fonte non è citata in Gianturco-McCrickard.

Titolo uniforme

Pensi olà, che si bada?. Cantata, L'Armida

Organico

Contralto e continuo

Descrizione analitica

1.1: (recitativo-arioso, si♭ maggiore, c)
Pensi olà, che si bada?
2.1: (aria, si♭ maggiore, c)
Con valore insuperabile
3.1: (recitativo-arioso, c)
Ah no, frenate il volo
4.1: (recitativo-arioso, c)
No, no, cada il superbo
5.1: (aria, re minore, c)
Crude idee d'aspre ferite
6.1: (recitativo, c)
Ah sì, mora l'ingrato
7.1: (aria, si♭ maggiore, c 3/4)
Vendicata al fin sarò
8.1: (recitativo-arioso, c)
Ah, che troppo discorda
9.1: (recitativo-arioso, c)
Sì, sì, pera il tiranno
10.1: (aria, la♭ maggiore, c 3/2)
Alme ree del nero Tartaro
11.1: (aria, si♭ maggiore, c 3/8)
Le nubi squarcino

Trascrizione del testo poetico

Pensi olà, che si bada?
Sù, sù, venga il destriero,
Mi si cinga la spada,
Ch’al rimbombo guerriero
De martiali carmi
Il tradito mio cor già corre all’armi!
Scherno del mio furor,
Bersaglio del mio sdegno
Sia d’un barbaro infido il capo indegno.
Che pera il traditore,
Che Rinaldo s’uccida,
Così comanda alle sue furie Armida.

Con valore insuperabile
L’invincibile
Suo poter saprò combattere
Ed abbattere
D’un perfido sleal l’ira implacabile,
Che del mio brando horribile
Il mortifero assalto
Il suo sen frangerà benché di smalto.

Ah no, frenate il volo,
Homicidi miei sensi,
E negl’abbissi immensi
Di smemorato oblio chiudete il duolo,
Che sol l’imaginar lacero al suolo
Volto così gradito,
È tormento infinito
Ed è troppo martire
Pensar l’amato estinto e non morire.

No, no, cada il superbo,
Distruttor del mio honore e di mia fede,
E se al mio duolo acerbo
L’iniquo mentitor negò mercede,
Sia degna ricompensa
Della barbarie sua la mia inclemenza.

Crude idee d’aspre ferite,
Che quest’alma trafiggete,
Per pietà, deh, ritenete
Le mie furie in grembo a Dite.

Ah sì, mora l’ingrato
E dal petto spietato
L’iniquo spirto il mio furor distingua,
Nè pietà lusinghiera il cor mi punga!
Faccian turbe voraci
Delle viscere sue l’ultimo scempio
E a gl’amanti mendaci
La strage d’un crudel serva d’esempio.

Vendicata al fin sarò,
Ne potrò
La mia sorte più incolpar,
Se penar l’odio mi fè,
Per mercè del mio rigor
Giust’Amor farà sentir
Dolce effetto del gioir.

Ah, che troppo discorda
La lingua del desio
E troppo mal s’accorda
Il dar morte, a chi regge il viver mio.

Sì, sì, pera il tiranno,
E se a punire il suo lascivo inganno
L’armi fatali mie non son bastanti,
Sappia la lingua sussurar gl’incanti.

Alme ree del nero Tartaro,
Scatenate i fieri cardini
Della stigia crudeltà
E dal vostro horrendo baratro
Per sommergere un sacrilego
Vomitate ogn’empietà.

Le nubi squarcino
Tempeste o fulmini,
L’onde sconvolghino
Procelle e turbini,
Il suol disserrino
Rupi e voragini,
Gemiti, fremiti
Il mondo assordino
E dall’etherea mole
Per dar tomba a un fellon ruini il sole.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

D-Hs - Hamburg - Staats und Universitätsbibliothek Carl von Ossietzky, Musiksammlung
collocazione ND VI 2263,1.13

Scheda a cura di Berthold Over
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